Cosa è diventato (o “rimasto”) reale in un mondo sopraffatto dalla tecnologia digitale, e dunque immateriale? Attorno a questo fondamentale e ormai fondativo quesito si articolano le riflessioni audio-visive di Adele Tulli in REAL, documentario creativo che volutamente gioca sull’etimologia di reale (che è, che esiste veramente, effettivamente e concretamente) per indagarne la sostanziale e irreversibilmente costante mutazione.
Titolo emblematico almeno quanto lo era stato NORMAL (che etimologicamente supera il concetto di uso comune del “normale”), REAL è un’esperienza visionaria e immersiva che seppur parta da una tesi, non si limita a dimostrarla ma anzi sceglie di accompagnarla in un viaggio esperienziale e rivelatorio per la stessa autrice. Perché appunto non esistono punti di approdo nello scorrere inesorabile delle trasformazioni in seno all’era digitale, una sorta di progredire incessante orientato a qualcosa che resta tuttora misterioso. Per questo REAL non può che assumersi la responsabilità di testo filosofico in fieri. Il cuore dell’indagine resta l’esperienza umana, sia fattuale che percettivo-emotiva laddove i temi correlati al “racconto digitale” sono le relazioni (in taluni casi diventano “cyber-relazioni”), le connessioni (che divengono “iper-connessioni”), le nuove rappresentazioni (del mondo e del Sé), la sorveglianza ininterrotta, le nuove dipendenze e inevitabilmente il superamento dei vecchi confini fisici della corporalità andando a costituire un ripensamento del concetto di identità, privata e pubblica, individuale e sociale. Per rappresentare senza semplificare la complessità ontologica che pertiene a tali tematiche, Tulli sceglie di osservare e restituire un mosaico di storie umane in cui ciascuna mette a fuoco diverse modalità di approccio/applicazione delle nuove tecnologie digitali indicando quale sia la “soglia” di un passaggio tra materiale e immateriale che gradualmente viene a scomparire. Ne emergono svariati paradossi, ben codificati in un linguaggio cinematografico anche’esso in progress, assolutamente coerente con il soggetto affrontato. Nel film dell’autrice e studiosa romana infatti, il “come dice cosa” assurge a ruolo prioritario per la produzione del senso veicolato: la sua “lente” allucinatoria, deformante (grandangoli spinti, fish eye..) e a tratti disorientante si manifesta grazie all’uso degli stessi dispositivi di visione utilizzati dalle persone protagoniste del film: smartphone, computer, elettrodomestici smart, telecamere di sorveglianza, droni, visori VR. E pure il montaggio “disaggregante” persegue il modus osservandi della ricerca sul web: frenetica, apparentemente senza senso, sovrapposta, contrapposta, simultanea. Insomma, un lavoro antologico e fondamentale per capire chi siamo e – forse – chi stiamo diventando.
Sceneggiatura e regia: Adele Tulli
Italia/Francia 2024
Durata: 83’