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THE BLACK PHARAON, THE SAVAGE AND THE PRINCESS
L'ultimo lavoro di Michel Ocelot in anteprima ad Alice nella città

Dai geroglifici alle decorazioni bizantine, passando per le ombre cinesi. Tre stili visivi per tre storie che si intrecciano nello spazio, tra Egitto, Francia e Turchia, e nel tempo, attraversando l’antichità, il Medioevo e il Settecento, unite da un comun denominatore: l’amore tra uomo e donna. Così Michel Ocelot nel suo ultimo lavoro The black pharaon, the savage and the princess pone al centro della narrazione una tematica che nei suoi film precedenti aveva lasciato sullo sfondo, innestandola nel solco della conoscenza e del rispetto di culture diverse, tracciato fin dall’inizio della sua cinematografia (ricordiamo Kirikù e la strega Karabà, Azur e Asmar e Dilili a Parigi). Presentata in anteprima nella sezione “Alice nella città” alla Festa del cinema di Roma, l’opera d’animazione esplicita la cornice affabulatoria di un incontro tra una cantastorie (illuminata – l’istanza narrante) e dei bambini seduti davanti a lei (sagome scure-gli spettatori) rapiti da un trittico di leggende originali e ricche di spunti educativi a vari livelli.

Nell’Antico Egitto, un giovanissimo re diventa il primo faraone nero a meritare la mano della sua amata. In Francia, durante il Medioevo, un misterioso ragazzo selvaggio ruba ai ricchi per dare ai poveri. Nella Turchia del XVIII secolo, un principe delle frittelle e una principessa delle rose, scappano dal palazzo per vivere il loro sentimento. Attenzione però, qui i finali sono aperti, non c’è il “vissero tutti felici e contenti”, le donne sono volitive e ribelli, prendono in mano la situazione e spesso suggeriscono loro stesse all’amato le strategie risolutive. Una parità di genere introdotta laddove storicamente mancava, un apparato mono-genitoriale in pieno conflitto generazionale, l’onestà e l’autodeterminazione come motori per costruire il proprio destino, rendono queste vicende estremamente attuali. La loro rappresentazione, pur mantenendo l’impianto pittorico bidimensionale, cambia di episodio in episodio, per meglio interpretare la sostanza attraverso la forma. I personaggi egiziani hanno la parvenza di geroglifici in movimento, mentre nella corte francese medievale, signori, servi e prigionieri, diventano ombre cinesi che affidano personalità alle voci, un tripudio di colori infine caratterizza i bazar come i palazzi turchi dalle “mille e una notte”. The black pharaon, the savage and the princess è un prisma di significati e occasioni pedagogiche imperdibili per celebrare con gli spettatori più piccoli, ma non solo, l’importanza di essere amati rimanendo sempre sé stessi.

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Sull'autore

Elena Grassi

Laureata in Scienze delle comunicazione all’Università di Trieste, ha conseguito il master in Educazione audiovisiva e multimediale e il Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche all’Università di Padova. Giornalista e critico cinematografico, lavora da educatore audiovisivo per enti pubblici e privati ed è consulente per l’Acec del progetto Junior Cinema.