Roma Festival Filmcronache

LO SGUARDO LATERALE DI ALICE
La sezione parallela della Festa del Cinema di Roma si allontana dal mainstream

Lo potremmo definire uno sguardo “laterale” quello dei film della sezione “Alice nella città” dell’appena conclusa Festa del cinema di Roma: sia perché porta l’attenzione su periferie, rapporti disfunzionali e vicende intime, lontano dal mainstream, sia perché questi diversi punti di vista stimolano il cosiddetto pensiero “laterale”, capace di affrontare i problemi con creatività. La giuria dei ragazzi tra i 16 e 19 anni ha decretato vincitore del concorso “Summer Scars” del francese Simon Reith, storia di due fratelli e dei loro segreti, che indaga la potente natura degli attaccamenti familiari e la profondità delle ferite dell’infanzia e delle loro conseguenze nell’età adulta. Un film che può offrire spunti significativi per le Sale della comunità, così come una coppia di bellissimi documentari sul mondo della scuola: “Il Cerchio” di Sophie Chiarello, che ha seguito per cinque anni (2015-2020) una classe delle primarie Manin di Roma, e “Cosa verrà” di Francesco Crispino sulla vita durante la pandemia degli studenti delle medie De Amicis di Floridia (SR). Il primo traccia una linea temporale che torna su sé stessa come un cerchio, partendo da discussioni sull’esistenza di Babbo Natale per arrivare alla perdita dei genitori, passando per l’infinita varietà di questioni su cui i bambini hanno sempre qualcosa da dire, colpendo dritti al cuore dello spettatore. La macchina da presa di Crispino accarezza invece le vite dei suoi protagonisti con il rispetto dovuto a chi sta attraversando l’adolescenza in uno dei momenti più complessi della storia recente, tra un passato gravoso e un futuro indecifrabile, nell’estremo Sud Italia. Territorio di confine come quello del carcere di Andrea Papini in “I nostri ieri”, dove un regista mette in scena, a scopo terapeutico, il vero delitto compiuto da un detenuto, o come quello del palazzo sotto sgombero, dove Anna s’innamora di Peppino e diventa donna in “Piano Piano” di Nicola Prosatore, o ancora nei quartieri malfamati americani dove la solitudine di uno spacciatore incontra quella di una ragazza sordomuta in “Signs of love” di Clarence Fuller. Da segnalare anche l’ultimo capolavoro di Michel Ocelot, “The Black Pharaoh, the Savage and the Princess”, ovvero i tre protagonisti di altrettante storie d’amore tra diverse epoche e in diversi continenti, e “Life is (not) a game” di Antonio Valerio Spera (nella sezione “Freestyle”), una panoramica dei diritti umani, tra pandemia e guerra in Ucraina, passando per il caso Patrick Zaki e i profughi afghani torturati alle frontiere croate, interpretati dalle opere della street artist Laika che, come la cagnetta lanciata nello spazio, ci invita a vedere ogni cosa dall’alto di una nuova prospettiva.

 

Scrivi un commento...

Sull'autore

Elena Grassi

Laureata in Scienze delle comunicazione all’Università di Trieste, ha conseguito il master in Educazione audiovisiva e multimediale e il Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche all’Università di Padova. Giornalista e critico cinematografico, lavora da educatore audiovisivo per enti pubblici e privati ed è consulente per l’Acec del progetto Junior Cinema.