The Bleeder racconta la storia di Chuck Wepner, il pugile che ispirò la storia di Rocky Balboa. Ma, come spesso capita, la storia vera è assai meno edificante della finzione, e dopo l’incontro con Muhammad Ali, perso dignitosamente, Wepner finì in un tunnel di droga, spaccio, festini, fino a rovinarsi tutte le opportunità successive e a perdere la famiglia. Anche questo, come Rocky, è un film di finzione, una ricostruzione brillante e scorrevole, ma forse in quarant’anni il clima è cambiato e non abbiamo più bisogno di eroi… sarà un bene?
Liev Schreiber, la faccia costantemente maciullata sotto i colpi di un avversario sul ring, un avventore di un bar, o persino di un orso, incarna perfettamente una figura più umana, sempre in bilico tra l’ironia e la disperazione. Ma incarna anche – e non è la prima volta in questo festival – il fallimento del sogno americano, il desiderio di successo che si rivela una chimera che conduce alla rovina. Quanto diverso il mitico urlo di Stallone “Adriana!”, dall’arringa che il povero Wepner subisce (meritatamente) dalla timida moglie! In questa incolmabile distanza si vede il passaggio di un’epoca e la pellicola si riempie di una singolare e inguaribile malinconia.