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THE MIRACLE CLUB (Thaddeus O’Sullivan)
In autobus a Lourdes

Dublino, 1967. Tre amiche di età diversa, Lily, Eileen e la giovane Dolly, abitano in un quartiere popolare, alla periferia della città, e fanno parte di una piccola comunità operaia dalle tradizioni radicate, sostenute dalla fede. Accomunate dal desiderio di sfuggire alla routine della vita domestica, sognano di vincere un pellegrinaggio a Lourdes messo in palio dalla loro parrocchia. Poco prima di partire per il viaggio, alla ricerca, per ragioni diverse, di un miracolo, ritrovano la loro vecchia amica Chrissie, che dopo un lungo esilio negli Stati Uniti è rientrata nella casa di famiglia per il funerale della madre. Il suo ritorno riapre vecchie ferite mai rimarginate…

E’ una storia di accettazione di sé, prima ancora che di riconciliazione con gli altri, quella narrata in The Miracle Club: il film di Thaddeus O’Sullivan, dalla lunga gestazione (il progetto originario risale a vent’anni fa), pone infatti la propria attenzione sulle ripercussioni delle scelte individuali, sul dolore intimo e segreto che spesso ne è alla base, sulla rielaborazione risolutiva del passato. Tematiche significative, che il nuovo lungometraggio del regista irlandese, tratto da un racconto di Jimmy Smallhorne e sceneggiato a sei mani, convoglia in schemi narrativi consolidati, aderendovi con toni da commedia sciolti, però, in tiepidi sguardi sociali e dinamiche relazionali poco più che abbozzate.

Se l’ambientazione vintage risulta fedele agli standard abituali del cinema anglosassone, così come il reparto interpretativo, con Laura Linney, Maggie Smith, Kathy Bates e Agnes O’Casey a proprio agio nei panni delle quattro protagoniste, The Miracle Club mostra invece limiti evidenti nella mancanza di profondità dello script, che si ‘accontenta’ della buona alchimia che regola gli intrecci attoriali senza pretendere di più, in termini di solidità narrativa, dalle loro azioni e reazioni. Alla leggerezza, che pure alimenta dialoghi e atmosfere, non corrisponde un adeguato radicamento drammaturgico, quel sottofondo dolente che riemerge in superficie, nella seconda parte del film, ma con eccessivo sentimentalismo.

Il confronto, ad esempio, con il recente Belfast (con cui The Miracle Club condivide ambientazione geografica, periodo di riferimento e, per molti versi, contesto umano) appare a netto vantaggio dell’opera semi-autobiografica di Kenneth Branagh, capace di contenere con ben altra tensione ‘interna’ dramma e commedia, dinamiche relazionali e squarcio d’epoca, compresa la stessa identità religiosa. Tutto è invece levigato, sfumato, appianato nel film di O’Sullivan. E anche il ricorso al pellegrinaggio in autobus a Lourdes, come luogo catalizzatore della presa di coscienza delle quattro amiche, appare piuttosto pretestuoso, privo di ogni magnetismo spirituale. Al contrario dell’omonimo film di Jessica Hausner (2009), ambiguo e provocatorio, nel quale la percezione della sofferenza e l’attesa della speranza risultavano ispirate ad autentiche, profonde domande di senso. Compresa quella, fondamentale, su che cosa sia, davvero, un miracolo.

Regia: Thaddeus O’Sullivan

Interpreti: Laura Linney, Maggie Smith, Kathy Bates, Agnes O’Casey

Nazionalità: Irlanda, GB, 2023

Durata 91’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.

1 Comment

  • Non sono molto d’accordo. Il film ha toni lievi, vero, ma ogni interpretazione sottoindende molto negli animi delle protagoniste, senza necessità di approfondimenti particolari che a mio avviso diventerebbero tediosamente didascalici. Un film riuscito, splendidamente fotografato, intensamente interpretato e “leggero” al punto giusto.