Paolo Perrone recensisce Trois Amies di Emmanuel Mouret in concorso a Venezia 81
Tre amiche, tre modi, diversi ma complementari, di intendere e vivere i rapporti affettivi. Rispetto al precedente, e più convincente, Una relazione passeggera, il nuovo lungometraggio di Emmanuel Mouret dilata il proprio sguardo, estendendolo dall’osservazione di una sola coppia a tre nuclei relazionali distinti, mescolandoli in parte tra loro. Un’espansione del punto di vista che però, nel confronto con il film del 2022, in Trois amies perde non poca intensità. Il girotondo sentimentale, nel quale le interazioni con i rispettivi compagni, da parte di due insegnanti di una scuola di Lione e di una loro amica, ex docente, sono scandite, sulla scia del cinema di Eric Rohmer e Woody Allen, da inaridimenti e riaccensioni, segreti e bugie, confessioni e sensi di colpa, genera in realtà un repertorio emotivo leggero nei toni e nelle atmosfere ma alquanto superficiale e inerte.
Alimentato da un’incessante verbalità che rischia di ridursi a pura verbosità, il film di Mouret fatica a condensare nei suoi tanti dialoghi il moto ondoso degli affetti, pur muovendosi tra l’onestà di un matrimonio non interrotto, nonostante l’affievolirsi dei sentimenti e la tentazione di un reciproco tradimento, e il sottofondo drammatico di un abbandono tra i coniugi sfociato in un lutto. Introdotto da una voce fuori campo che guida lo spettatore nella messa a fuoco dei personaggi e dei loro incroci passionali, Trois amies, dunque, non affonda la lama. Lo spirito di Marivaux e del suo Il gioco dell’amore e del caso aleggia certamente sull’intera operazione. Ma la sceneggiatura, firmata dal regista insieme a Carmen Leroi, al di là delle diligenti interpretazioni di tutto il cast, si limita soltanto a suggerire, e non a rinnovare con la dovuta originalità, l’ammaliante giostra della vita nata dalla penna del commediografo francese.