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TRUE MOTHERS (Naomi Kawase)
Ricognizione intima e delicata sulla maternità

Dopo una serie di trattamenti della fertilità senza successo, Satoko e suo marito Kiyozaku decidono di intraprendere la strada dell’adozione. Sei anni dopo aver adottato un bambino, Satoko ha lasciato il lavoro per concentrarsi completamente sulla famiglia. Un giorno, però, riceve la telefonata di Hikari, la madre biologica del piccolo Asato, avuto a soli 14 anni, che vuole indietro il figlio o pretende soldi in cambio. La ragazza si reca a casa di Satoko. Ma la giovane che si presenta alla porta sembra non somigliare all’adolescente che ha dato alla luce il bimbo…

Liberamente ispirato al romanzo Asa ga Kuru di Mizuki Tsujimura, True Mothers (scelto nel 2020 per rappresentare il Giappone ai Premi Oscar) conferma una volta di più le caratteristiche del cinema di Naomi Kawase: un cinema dalle intime connessioni tra essere umano e natura, contrassegnato dal rapporto tra le generazioni, abitato da un senso di perdita e abbandono dai forti rimandi autobiografici e caratterizzato, sul piano drammaturgico, da una sotterranea tensione empatica.

Fin dal titolo, True Mothers accosta in un unico, complessivo profilo materno le storie di Hikari, Satoko e Asami (la responsabile di Baby Baton, l’istituto del distretto di Hiroshima dove vengono accolte ragazze incinte, perlopiù giovanissime, che non possono tenere con sé i nascituri), posizionandole sull’intera scala anagrafica e descrivendone con delicata pacatezza i moti dell’animo, le gioie e i dolori. Una gamma di sensazioni carsiche e segrete articolata su una struttura narrativa a incastro, dove i lunghi flashback riannodano, nel tempo presente, speranze profonde e rimorsi tardivi.

Toni pastello, minimalismo autoriale, un’oggettività di sguardo che riesce a farsi piena soggettività attraverso un’emotività mai forzata, generata sullo schermo dal flusso naturale degli eventi e dall’intero ciclo dell’esistenza, dove la vita e la morte non sono mai separate. Un crepuscolarismo, quello della regista nipponica (la più giovane vincitrice della Caméra d’or a Cannes, nel 1997, per il suo primo lungometraggio Moe no Suzaku e autrice, nel 2015, del pregevole Le ricette della signora Toku), che talvolta si cristallizza eccessivamente e, nella fitta trama dei dialoghi, arriva a sfiorare l’impalpabilità, ma che riprende il filo del discorso, nei momenti decisivi, e regala attimi di intenso lirismo e umana comprensione. Una storia “sulla forgiatura del proprio destino”, come dichiarato dalla stessa Kawase, “come se, dopo la pioggia, una luce radiosa avesse purificato il mondo”.

TRUE MOTHERS
Regia: Naomi Kawase
Nazionalità: Giappone, 2020
Durata: 137’
Interpreti: Arata Iura, Hiromi Nagasaku, Taketo Tanaka, Aju Makita, Miyoko Asada

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.