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TWO PROSECUTORS – La recensione
La macchina stritolante del regime

TWO PROSECUTORS

IL TESTO DELLA VIDEORECENSIONE DI TWO PROSECUTORS

Si apre e si chiude con il passaggio attraverso un pesante cancello di ferro il nuovo lungometraggio di Sergej Loznitsa, adattamento di un racconto del fisico Georgy Demidov, incarcerato nei gulag, ambientato nell’Unione Sovietica del 1937, al culmine delle purghe staliniane, e incentrato sulla figura di un giovane procuratore di provincia che, dopo aver ricevuto la lettera di un anziano detenuto, accusato ingiustamente, al pari di migliaia di altri individui, di essere un sovversivo, richiede alla polizia segreta che controlla la prigione di poterlo incontrare.

Two Prosecutors, fin dal titolo, mette a stridente confronto due interpretazioni della giustizia, una idealista e nobile, pur nelle logiche bolsceviche, l’altra ottusa e perversa, rievocando sinistre atmosfere kafkiane permeate di una burocrazia cieca e dispotica, strumento stratetico, nel sovietismo staliniano, di spietato annientamento di ogni contrarietà al sistema. Opera rigorosa e dolorosa, racchiusa in un formato 4:3 e in una continua scansione di inquadrature fisse che mettono in correlazione la forma, volutamente asettica, con il contenuto, sottilmente esplosivo, il film di Loznitsa, bielorusso di nascita ma ucraino di nazionalità, restituisce efficacemente allo spettatore la progressiva, forzata sottomissione del protagonista alla macchina stritolante del regime.

Del tutto coerente con la filmografia dell’autore, forte di una ventina di documentari, molti dei quali di memoria storica, e di cinque lavori di finzione, anche Two Prosecutors, dunque, lega il passato al presente, l’avvolgente, mortale abbraccio di un apparato totalitario con gli echi di prevaricazione odierni, sfociati nella guerra di Mosca con Kiev. Un compito, quello di far emergere la tragedia nella banalità del quotidiano, che Loznitsa non cessa di assumersi, anche se, in questo caso, la netta programmaticità del suo film ne costituisce la forza ma ne segna anche, in qualche modo, il suo limite.

LA VIDEORECENSIONE

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.