Ai miei tempi Rubriche Vita associativa

Da un capo all’altro
In giro per il mondo ma non con il cuore. Storie di una famiglia da film

La immaginiamo come un fervoroso alveare la sala San Pio X di Cartigliano al passaggio tra un secolo e l’altro. La tecnologia è arrivata a facilitare i processi anche lì, dove tutto funzionava già alla perfezione grazie alla trasmissione di un sapere antico. Nidio Grego continua il suo amarcord e racconta di come da discepolo, nel nuovo cinema che aveva riaperto i battenti, si è trovato a fare da maestro.

A maggio del 2000 l’attività della sala era ripresa in sordina ma a settembre dello stesso anno la programmazione riparte a tutti gli effetti, con l’assistenza dell’ACEC di Vicenza. In mezzo c’era stata la prima estate del nuovo millennio. «L’ufficio preposto in quel periodo si chiamava Centro Cinema Diocesano. La programmista era la signora Enrica e il direttore don Luigi Rigodanza. Il primo film in programma era Mission: Impossible – 2. Lo statino diceva: “copia ottima, qualche striscia, due trailer in testa”». Sembrano storie parallele quelle degli eroi sullo schermo (che, per quanto affascinanti, avevano sempre le loro “rughe” – come recitavano puntuali gli statini – quando c’era ancora la pellicola) e quelle delle persone dietro le quinte, che con il loro zelo garantiscono l’efficacia dello spettacolo. Ogni volta che Nidio si riferisce alla cabina di proiezione, dice semplicemente “in cima”, che è un bel modo di pensare a questo lavoro come a un’avventura.

«Quando ho visto i miei fratelli “tranquilli” nella gestione della sala, ma aiutandoli a organizzare per tempo la programmazione dei film, ho ripreso a viaggiare per il mio vero lavoro. Ho girato tutto il Sud America e sono stato fino in Estremo Oriente. Anche dall’estero, però, continuavo a seguire l’andamento della sala e ogni tanto, per stare tranquillo, sentivo velocemente i miei fratelli al telefono». Da un capo all’altro del mondo si può andare in due modi, con il volo e con l’immaginazione. Entrambi gli esercizi provocano un’ebrezza che spesso nella storia ha avuto bisogno di essere condivisa tra fratelli: i fratelli Montgolfier, i fratelli Wright, i fratelli Lumière (e poi, restando al cinema, i fratelli Taviani, i fratelli Coen, i fratelli Dardenne, i fratelli Nolan…). Tutti inventori che per la loro simbiosi intellettuale e spirituale hanno fatto dell’essere una famiglia un punto di forza. Così si sono staccati da terra.

«Anche mamma Lina è stata fondamentale in questo frangente. Devo solo ringraziarla per il gran “lavoro” svolto per il San Pio X durante i miei periodi all’estero. A quei tempi per comunicare da un continente all’altro c’era solo il fax. Io potevo mandare i titoli, le date e le pubblicità via fax, dall’Argentina o dalla Corea, alla nostra programmista. Però poi tutte le conferme, le variazioni e le comunicazioni le “riceveva” la mamma, telefonicamente, e le passava ai miei fratelli per organizzare materialmente le proiezioni. Era anche un modo di fare quattro chiacchiere tra donne con l’Enrica». Missioni difficili da portare a termine, che però andavano tutte a buon fine grazie a questo rodato gioco di squadra.

«Con l’evoluzione delle comunicazioni per me è arrivata la manna dal cielo. Grazie alle email ero sempre in contatto con loro. Potevo mancare per periodi più lunghi e potevo “triangolare” con la programmista, con i distributori, con i responsabili della pubblicità e con casa mia, direttamente da Buenos Aires, Lima, Città del Messico o Seul. Riuscivo a programmare, avere le conferme e ordinare le pubblicità in tempo, sicché i miei fratelli si trovavano sempre pronta la “scaletta” della scansione tra i titoli dei film e gli spot». Insomma, mentre faceva il giro del mondo, il cuore di Nidio era sempre a Cartigliano.

«Ero riuscito» – continua – «a farci consegnare le pellicole e i materiali a casa nostra, dove mio padre controllava sempre che tutto corrispondesse. Ricordo che quando non ero fuori per lavoro, nei periodi che passavo in paese, di domenica mi occupavo personalmente della proiezione. Una volta fatto partire il proiettore, calcolavo il tempo per arrivare all’intervallo, poi prendevo la bicicletta per fare un rapido giretto a casa, dove mio papà quasi mi sgridava perché lasciavo “vuota” la cabina di proiezione, con i pericoli che potevano capitare». Finché anche il vecchio Giuseppe, che di quei luoghi era l’anima e la memoria, fu portato a visitare il cinema ristrutturato. «Su in cabina, nell’occasione, versò la classica lacrimuccia nel vedere cosa avevamo fatto noi figli e soprattutto le novità con cui avevamo a che fare, rispetto ai suoi tempi. Non si trovava più con i “suoi” rumori, quelli classici della pellicola e dei carboncini… Quando poi ha visto come si montavano le nuove pellicole e come le avvolgevamo senza ripassarle, è rimasto a bocca aperta, come a dirci: “che lusso adesso!”». Quando la storia di un luogo è anche la storia del mondo che cambia, dentro e fuori, insieme a più generazioni di una famiglia, sembra di sentire materialmente l’eco melodioso del tempo. Il passato e il futuro che si corteggiano e dialogano cantando.

6 – continua

 

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Sull'autore

Raffaele Chiarulli

Guido un workshop di critica cinematografica presso l'Università Cattolica di Milano e insegno cinema dalle scuole materne alle università della terza età.