Paolo Perrone di Filmcronache recensisce il film L’AMOUR OUF di Gilles Lellouche, in concorso a Cannes.
Un romanzo criminale che, dopo la feroce sparatoria iniziale, riannoda i fili del racconto ripartendo, vent’anni prima, come commedia romantica adolescenziale, per poi tramutarsi in un heist movie da colpo grosso, sfiorando il musical e, infine, riconnettendosi ai codici tipici del gangster movie. Basato sul romanzo dell’irlandese Neville Thompson, ambientato in una cittadina portuale nel nord-est della Francia, articolato in un lungo. movimentato flashback, il nuovo lungometraggio di Gilles Lellouche, già autore di 7 uomini a mollo, qui solo regista e non, come in altri film, anche attore, assomma in sé, dunque, generi e registri espressivi alquanto distanti tra loro. Un’operazione non priva di momenti riusciti e affidata ad un largo, affiatato cast, anche se, nelle due ore e quarantacinque minuti di durata, la tessitura narrativa risulta a tratti disomogenea e, soprattutto, rivela un’evidente programmaticità, destinata com’è ad un pubblico, ampio e onnivoro, in grado di ritrovarsi in almeno uno dei tanti filoni percorsi.
La storia d’amore tra un ragazzo di umili origini e una ragazza di estrazione borghese, cresciuti tra i banchi del liceo e le banchine del porto, incrinata dall’apprendistato delinquenziale del giovane e segnata dall’inevitabile distacco, è di quelle a presa rapida, mescolando a giuste dosi sfacciataggine e candore, intraprendenza e affetto. Più del rispettivo passaggio dei due protagonisti all’età adulta, che occupa la seconda metà de L’amour ouf, quell’incontro, e tutto ciò che accade in seguito, è la materia viva del film di Lellouche, ancor più dell’ingresso del ragazzo nell’ambiente criminale, che, per quanto ben gestito in termini registici, appare debitorio di molto cinema precedente sul tema, da Scorsese all’Audiard de Il profeta. Lacrime e sorrisi in egual misura, colonna sonora d’epoca, con i Cure sugli scudi.
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