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CHESIL BEACH – IL SEGRETO DI UNA NOTTE (Dominic Cooke)
Ritratto intimo e sociale di un’epoca

Nell’Inghilterra dei primissimi anni ’60 due giovani di diversa estrazione sociale, il modesto studioso di storia Edward Mayhew e la benestante violinista Florence Ponting, passeggiano sulla spiaggia di ciottoli di Chesil Beach. Si sono appena sposati, e dopo la cena in camera in un hotel sulla costa si ritrovano con i loro desideri, i loro pudori e le loro inadeguatezze. La prima notte di nozze si fermerà alle parole, generando nella coppia un inatteso e fatale cortocircuito affettivo…

Tratto dal romanzo omonimo di Ian McEwan, e pure sceneggiato dallo scrittore britannico, il film dell’esordiente Dominic Cooke, apprezzato regista teatrale, è lo specchio di un’epoca dalle radicate convenzioni sociali, condensate in un amore sincero, eppure prigioniero della stessa, restrittiva compostezza che lo nutre; allo stesso modo, Chesil Beach è un film sull’inconciliabilità di mediazione tra upper e middle class, la testimonianza bruciante di due differenti livelli di impostazione dei rapporti interpersonali che sfociano in una lacerante, obbligata “disomogeneità”.

Interpretato con buona aderenza ai ruoli da Saoirse Ronan (tre volte candidata all’Oscar per Espiazione, Brooklyn e Lady Bird) e Billy Howle, Chesil Beach funziona sul piano narrativo per l’uso puntuale del flashback, che ricompone a ritroso la love story tra Florence ed Edward, e per alcuni rintocchi ironici che affiorano qua e là, togliendo ogni morbosità al film, in un efficace raddoppio della vivacità letteraria di McEwan, capace di dare forma anche ai personaggi secondari (come i genitori dei due giovani) con brevi tratti caratterizzanti. Sul piano visivo, poi, la pellicola di Cooke si segnala per l’adeguata concezione degli spazi scenici, con tagli di inquadratura suggestivi e una contestualizzazione paesaggistica funzionale al progressivo spaesamento sentimentale dei due protagonisti, che sprigiona un rabbioso, amaro retrogusto.

Se dunque i tentennamenti e le goffaggini, le ritrosie e gli imbarazzi, gli slanci e i pudori sono ben percepibili dallo spettatore attraverso dialoghi bilanciati e un indubbio gusto estetico (nella scelta delle musiche, oltre che delle locations), molto meno convincente appare invece l’avanzamento delle vicende agli anni Settanta e poi, sul finale, ai giorni nostri, quando il tono si fa inopportunamente melenso e platealmente melodrammatico. Una chiusura (quasi) imperdonabile, che rischia di annullare la finezza psicologica del racconto e le sue sottili, malinconiche sfumature.

Regia: Dominic Cooke

Nazionalità: GB, 2017

Durata: 110′

Interpreti: Saoirse Ronan, Billy Howle, Anne Marie-Duff, Lionel Mayhew

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.