In un tribunale che va a pezzi e perde, letteralmente, acqua da tutte le le parti, in una cittadina periferica della Turchia contemporanea, l’avvocata penalista Canan (Tülin Özen) divide il proprio tempo tra le mattine in tribunale e le sere in ospedale al capezzale della madre morente. La sua è una mente brillante, ha studiato all’estero e deve prendere continuamente decisioni che riguardano la vita o la morte di altre persone. Il giorno dell’udienza di condanna di un sospettato di omicidio che sta difendendo, Canan deve fare una scelta morale che influenzerà le vite di sua madre, di sua sorella, del giudice e dell’imputato. I fatti privati e quelli pubblici si mescolano. La giustizia e la magistratura vivono su binari paralleli e separati, Canan vorrebbe farli incontrare.
Il regista Selman Nacar, già studente di legge, riporta quel mondo passato nel suo secondo film Hesitation wound, in concorso Orizzonti a Venezia. Il racconto si svolge in meno di ventiquattro ore, per portare agli estremi le posizioni morali e la capacità di decisione della protagonista. Il centro della pellicola non è l’esito delle scelte effettuate, quanto il processo che porta a quelle scelte, nella concatenazione di fatti che determina le azioni dei protagonisti.
Il regista solleva una pacata critica al regime di Ankara, non più capace di mantenere le strutture fondative dello stato laico, come un tribunale e le aule della giustizia, totalmente fatiscenti. Scopriamo che la municipalità ha investito i pochi soldi a disposizione non per sistemare il tribunale, bensì per rifare il minareto della locale moschea. Lo sgretolarsi della laicità, nella nazione turca, è segnato anche da questi segnali esteriori.
Titolo originale: TEREDDÜT ÇİZGİSİ
Titolo internazionale: HESITATION WOUND
