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I NOSTRI IERI (Andrea Papini)
Il cinema, il carcere, la vita

Luca, separato dalla moglie e residente temporaneamente nella casa d’infanzia, è un documentarista prestato all’insegnamento cinematografico in una struttura carceraria. Per il saggio di fine corso, al ristretto gruppo di detenuti che frequenta il laboratorio audiovisivo viene proposto di ricostruire davanti alla telecamera il reato commesso, cominciando dal delitto del camionista Beppe, responsabile dell’uccisione di una giovane donna. Così, ripercorrendo a ritroso gli avvenimenti, Luca, che nel frattempo riceve la visita della figlia Greta dopo anni di lontananza, incontra la sorella della vittima e la famiglia che ha abbandonato Beppe, compresa la moglie…

Il cinema come forma autocosciente di superamento della realtà, come terapeutica replica in immagini di un vissuto sofferto e di condotte di vita sbagliate. Il messaggio che I nostri ieri porta con sé, rilasciandolo sui titoli di coda, non è molto distante da quello veicolato (seppure sulla scena teatrale) da Grazie ragazzi. Nel film di Andrea Papini, però, a differenza di quello di Riccardo Milani, caratteri dei personaggi e tonalità del racconto assumono connotazioni volutamente dimesse e le scelte stesse di regia, prive di ogni enfasi e retorica, non si discostano da questa andatura sottotraccia, dipanandosi con piana, calibrata ‘orizzontalità’. La recitazione compassata di Peppino Mazzotta, nei panni di Luca, è dunque dovuta alla volontà di restituire sullo schermo un orizzonte umano e professionale in itinere, incompleto sia sul versante privato che su quello pubblico per la separazione dalla moglie, per il rapporto a distanza con la figlia, che studia negli Usa, per l’ambito lavorativo precario.

Anche il camionista interpretato da Francesco Di Leva, sulle stessa corda espressiva, ha sguardi accesi ma accenti riflessivi, che esprimono evidenti fragilità sotto una apparente indifferenza. Il punto, però, è che la sceneggiatura di Papini (scritta con Gualtiero Rosella, Manuela Tovo e Maria Roveran, anche interprete del film) resta eccessivamente avvolta in un ‘bozzolo’ narrativo che sembra volersi preservare da ogni minacciosa contaminazione esterna, faticando a trovare, di conseguenza, autentici motivi di rilascio emozionale, come invece intenderebbe generare nella sua costante, misurata cadenza. Un po’ tutti, anche la sorella della vittima, sono in cerca d’ascolto e scottati dalla vita, ma non sufficientemente lacerati per esporre dolorosamente le proprie bruciature, per mostrare senza reticenze le ferite interiori. E la stessa rappresentazione dell’isolamento carcerario, compressa nella sua dimensione restrittiva però mai davvero schiacciante, contribuisce a rafforzare nello spettatore l’impressione più di un’osservazione dei fatti che di un’effettiva, immersiva partecipazione alle vicende. L’oggettività di sguardo di Papini è, insomma, la forza e il limite stesso del suo lavoro: I nostri ieri, così, nella sua nobile funzione riconciliativa con il passato, nella sua trattenuta, rispettosa indagine sul rapporto tra identità e memoria, resta in tal modo un prodotto asciutto e onesto mancando, tuttavia, di una necessaria ‘verticalità’ psicologico-esistenziale e di una vibrante tensione drammaturgica.

I NOSTRI IERI
Regia: Andrea Papini
Interpreti: Peppino Mazzotta, Francesco Di Leva, Daphne Scoccia, Maria Roveran, Denise Tantucci
Nazionalità: Italia, 2022
Durata: 117’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.