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KILL EL JOCKEY, la recensione da Venezia81
Alla ricerca di Kaurismäki

Kill el Jockey

Atmosfere surreali, personaggi sopra le righe, situazioni bizzarre e spiazzanti. Sono i tratti distintivi di Kill El Jockey, in cui un fantino di Buenos Aires, divenuto leggendario nelle corse dei cavalli ma perennemente attaccato alla bottiglia, ha un grave incidente nella gara più importante della sua carriera, proprio quando la vittoria che stava per conseguire lo avrebbe liberato da ogni legame col boss mafioso che ne tiene in pugno le sorti professionali e ne condiziona il legame con la fidanzata, giovane promessa dell’ippica, in attesa del primo figlio della coppia. Il nuovo lungometraggio dell’argentino Luis Ortega, esordiente a soli 19 anni nel 1999, sfoggia un minimalismo formale che giova al film, soprattutto nella prima parte, costituito da inquadrature frontali e riprese a camera fissa, per lo più in interni, e su una stravaganza narrativa che in avvio di proiezione incuriosisce e intriga.

Ma quando Kill El Jockey smarrisce la sua iniziale svagatezza, debitoria peraltro dell’ironia sorniona di Kaurismäki, per inseguire l’eccentricità caratteriale e le turbolenze di genere tipiche del cinema di Almodòvar, le carenze di scrittura si fanno sentire, con una sezione centrale, di ambito carcerario, e una lunga coda finale, con il ritorno alle corse, anche se clandestine, che non riescono a fare da adeguata sintesi alle premesse. Un film slegato, dunque, nelle sue intelaiature strutturali, dove la lotta tra il mondo interiore e quello esteriore e la riflessione identitaria, sintetizzata nella parabola del protagonista (in qualche modo ‘morto’ in un letto d’ospedale e rinato alla vita, in abiti femminili), appaiono più abbozzate che ricercate con la giusta determinazione cinematografica.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.

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