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LAHI, HAYOP – GENUS PAN (Lav Diaz)
L'uomo e la sua natura animale in una tragedia di latitudine equatoriale

Lav Diaz presenta un film di soli 157 minuti, con un metraggio ben inferiore alla durata a cui siamo abituati nella sua cinematografia. La lunghezza della pellicola – fino a dieci ore – e le inquadrature statiche non sono più una novità e, così, il regista filippino propone un film più asciutto e accettabile anche dal largo pubblico. Lahi, Hayop è un film che mantiene tutta la cifra stilistica dell’autore pluripremiato a Venezia e nei festival negli anni scorsi: inquadrature fisse, bianco e nero, suoni diegetici, recitazione spontanea e nessuna aggiunta di suoni in post-produzione, neppure nei momenti in cui la presa diretta non ha colto il suono che sarebbe stato necessario alla narrazione, un suono che resta iconicamente incompiuto. Il film tratta di una specie animale: l’uomo. “Nonostante la specie umana sia la più sviluppata,” – dichiara il regista – “la maggior parte di noi reca ancora in sé l’atteggiamento dello scimpanzé, il genere Pan, degli ominidi, la grande famiglia di primati. Dunque, per nostra stessa natura, siamo violenti, aggressivi, ossessivi, trasgressivi, invidiosi, territoriali, narcisisti ed egocentrici, esattamente come il nostro cugino, il genere Pan.”

Lahi, Hayop inquadra l’uomo in uno scenario esplicito e tragico: la foresta di un’isola delle Filippine su cui aleggia un antico maleficio. Si narra che la visione di un cavallo nero porti grandi disgrazie. Giocato su questa suggestione, vediamo compiersi il destino di tre minatori che, desiderosi di tornare a casa dalla loro famiglia, nel tentativo di conservare i soldi guadagnati (che sono voluti da sciacalli di ogni tipo, dal poliziotto corrotto al nullafacente del villaggio), intraprendono il viaggio nella foresta. Ad uno di loro appare il cavallo della sventura, la suggestione e la tradizione si mescolano in una storia sempre più degradante. Sono i giorni della Settimana Santa, i riti per la celebrazione del Cristo morto puntellano, con il loro messaggio di umanità, i tragici avvenimenti di morte per i protagonisti. Second Lav Diaz la speranza sta in uomini di levatura più alta come “Buddha, Gandhi, Cristo e l’agricoltore Mang Osting che generosamente provvede alle mie esigenze vegetariane”. Tutti gli altri uomini si comportano come animali di genere Pan, sia che siano attori che recitano nella fitta foresta in bianco e nero delle filippine, sia che vivano nei villaggi o nelle città.

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Sull'autore

Simone Agnetti

Simone E. Agnetti, Brescia 1979, è Laureato con una tesi sul Cinema di Famiglia all’Università Cattolica di Brescia, è animatore culturale e organizzatore di eventi, collabora con ANCCI e ACEC, promuove iniziative artistiche, storiche, culturali e cinematografiche.