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L’AMERICA DELLE MINORANZE E DELLE MARGINALITA’
Dagli Oscar a Cannes ecco il nuovo numero di Filmcronache

Appena messa in archivio la 74ª edizione del Festival di Cannes, conclusasi il 17 luglio (due mesi in avanti rispetto al consueto periodo di maggio), già appare all’orizzonte, a stretto giro di calendario, il nuovo appuntamento con la Mostra di Venezia. Il cui cartellone, annunciato il 26 luglio, per quantità e qualità di titoli e autori sembra seguire le orme di quello cannense. Dopo i lunghi mesi di pandemia, pur con l’incognita di un rialzo dei contagi dovuto all’incidenza delle varianti del coronavirus, le due principali rassegne cinematografiche internazionali tracciano la strada per la ripartenza. Una ripartenza che, sulla Croisette, ha dovuto fare i conti con protocolli sanitari un po’ disordinati ma che, alla fine, hanno permesso il regolare svolgimento della manifestazione.

Un concorso strabordante e non esaltante, quello di Cannes 2021, riassunto in due panoramiche distinte ma speculari che, insieme alla carrellata sulla Semaine de la critique e la Quinzaine des réalisateurs, compongono l’ossatura critica di questo numero di Filmcronache. Se è vero che il successo della francese Julia Ducournau e del suo controverso e imperfetto Titane è apparso legato a doppio filo alle scelte del presidente di giuria Spike Lee, è altrettanto vero che la Palma d’oro di quest’anno è un’opera conturbante e ipnotica che, in modo provocatorio e originale, si sviluppa come un percorso multisensoriale di redenzione. Accompagnato, tra i momenti più alti della compétition, dalla profonda riflessione esistenziale di Drive my car del giapponese Ryusuke Hamaguchi e dalla radiografia della società contemporanea offerta in A Hero dall’iraniano Asghar Farhadi.

Ma al commento ragionato di Cannes 74 si affiancano, nelle pagine precedenti, tre saggi che partono dalla vittoria agli Oscar di Nomadland (mettendo al centro dell’osservazione il nomadismo come nuovo paradigma) per rintracciare poi quei film che mettono in crisi il mito dell’american way of life (con la prospettiva di una dimensione alternativa alla società dei consumi) e riflettere infine sul quel black cinema che, nelle candidature alle statuette dorate dell’Academy Awards, ha avuto un evidente peso specifico. Sottotitolo generale: Mai Stati Uniti: l’America delle minoranze e delle marginalità. Buona lettura.

 

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.