Letture News Approfondimenti

Racconti di cinema

racconti di cinema

Il volume raccoglie trentatre racconti composti nell’arco di più di un secolo da autori vari, di differente provenienza geografica e caratterizzati da scelte stilistiche e strutturali sensibilmente difformi; cinque di essi sono inediti in italiano. Ad accomunarli, come si sottolinea nell’introduzione, la scelta di fondo di raccogliere una sfida: quella di «fare cinema con le parole». Cioè da una parte di raccontare il cinema nei suoi protagonisti, nelle emozioni che suscita, nelle varie esperienze umane che catalizza attorno a sé; dall’altra di riprodurre il cinema, di trasportarlo nello spazio e nel tempo dell’immaginazione letteraria imitandone alcune tecniche. Infatti, come osservano i curatori della raccolta, Emiliano Morreale e Mariapaola Pierini, «il cinema ha sfidato la letteratura su diversi piani. Con una nuova forza dell’oggettività, che sembra polverizzare secoli di minuziosa mimesi della realtà; con i nuovi ritmi del montaggio, simbolo di un mondo veloce e vertiginoso, che richiede nuovi stili». La forma-racconto, in questo senso, è sembrata ai curatori particolarmente indicata a rispondere alla sfida, per la concisione e soprattutto per la focalizzazione intorno a singoli dettagli, personaggi, esperienze, che la caratterizzano rispetto ad altri tipi di narrazione.

La frontiera dello schermo: personaggi e pubblico

I racconti compresi nell’antologia sono organizzati in quattro sezioni distinte su base tematica. Nella prima, A riveder le stelle, si trovano dei testi che presentano, sotto diversi punti di vista, il rapporto tra lo spettatore e il divo. Rapporto particolare, alimentato da fantasie, proiezioni di sé, desideri più o meno oscuri che prendono forma tra le pieghe dell’animo; rapporto al tempo stesso reale e fittizio, per l’intensità delle sensazioni che suscita e per il suo essere irrimediabilmente destinato ad essere vagheggiato in eterno. E, per questo motivo, esposto forse più di ogni altro al confronto con le aspettative, che spesso si risolve negli atteggiamenti opposti della contemplazione adorante, disposta a perpetuarsi anche dopo la morte, o del risentito disprezzo per il tradimento del proprio ideale.

La figura delicata e luminosa di Marilyn Monroe, evocata con lieve tenerezza nelle pagine di Truman Capote (Una bellissima bambina), malinconicamente rimpianta in quelle di Dino Buzzati (All’alba), ma anche quella della Mangano, che le protagoniste del racconto di Manuel Puig si rifiutano di considerare morta («È vero, diciamo che la Mangano non è morta, è venuta a vivere da me, che le ho voluto sempre tanto bene»), sono immagini del primo atteggiamento; testimone, tra gli altri, del secondo, è invece il Marlon Brando di Joyce Carol Oates, condannato all’inferno, tra gli altri motivi, per aver «soffocato la sua bellezza nel grasso».

Nella seconda sezione, Sperduti nel buio, il punto di osservazione dello scrittore si sposta nella platea, tra il pubblico. Si cerca di descrivere l’impatto sullo spettatore delle immagini e delle storie che scorrono sullo schermo, di cogliere le sue emozioni al loro primo affacciarsi: è il caso ad esempio del racconto breve di Jeanne Giraudoux, che mette ironicamente in scena le difficoltà del pubblico nel distinguere tra realtà e finzione, o dei signori Carter, nelle pagine di Graham Greene, per i quali la pellicola, inaspettatamente, apre delle finestre sconosciute su un passato dimenticato. Diversamente, volgendo del tutto le spalle allo schermo, altri scrittori scelgono di rappresentare il microcosmo della sala, concentrandosi sui dialoghi che si sovrappongono alla proiezione (Irene Némirovsky, Nonoche al cinema) o sugli incontri, venati di erotismo, che avvengono nel buio della platea (Piero Santi, Del cinema Astra).

Chi il cinema lo fa

Un mestieraccio infame è il titolo della terza sezione del volume. Si tratta di una citazione dal racconto di Guido Gozzano, Il riflesso delle cesoie, compreso nella raccolta, che definisce il mondo del cinema secondo i due protagonisti, pittore lui, attrice lei. Lo sguardo, in questa porzione di testi, si sposta infatti dietro lo schermo, soffermandosi sugli addetti ai lavori e svelandone letteralmente la realtà, a volte banale e prosastica, a volte cruda e spietata: «attori, sceneggiatori, registi, maestranze e produttori popolano un mondo tanto sfavillante agli occhi di chi non ne è parte quanto infido e spietato per chi lo abita». Questo vale, ad esempio, per Miss Ada Moss, attrice in perenne ricerca di lavoro e ridotta in totale miseria nel racconto di Katherine Mansfield, ma anche per gli sceneggiatori ritratti da Ennio Flaiano, rassegnati a essere ostaggio di un mondo nel quale domina la noia e la scrittura è ridotta a mero elenco di fatti posti in meccanica successione tra loro.

A concludere la raccolta è la sezione intitolata Come in un film, che si offre come una sorta di riepilogo delle precedenti, racchiudendo in sé una serie di storie che si muovono sul confine, a tratti impercettibile, tra realtà e finzione, dove cinema e vita finiscono a confondersi. Ne sa qualcosa Owen Crowley (Montaggio, di Richard Matheson) che, vittima del suo stesso desiderio di vivere un’esistenza «semplice come un film», «con tutta la parte più faticosa e ingrata ridotta a poche immagini di sguardi stanchi, delusioni, tazze sporche di caffè, lavoro fino a notte fonda, portacenere pieni di cicche, dinieghi e primi piani di passi sui marciapiedi», si troverà, in punto di morte, a realizzare di essere stato «attore […] di un copione già scritto».

 

(questo articolo di SARA GAROFALO è stato pubblicato nel n.2/16 della rivista SdC – Sale della Comunità)

Scrivi un commento...

Sull'autore

Tiziana Vox

Operatrice culturale, dal 2009 collabora con l’Acec, seguendone il sito internet, l’attività editoriale e i progetti. Dallo stesso anno è responsabile della segreteria organizzativa Federgat, per cui cura anche la realizzazione del progetto I Teatri del Sacro.