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L’ULTIMA ORA (Sébastien Marnier)
Pianeta giovani, tra reticenze e disillusioni

In un esclusivo istituto superiore francese un professore si getta dalla finestra dell’aula dove insegna, sotto gli occhi atterriti dei suoi studenti. Il supplente chiamato a sostituirlo, il quarantenne Pierre, nota da subito qualcosa di strano nella classe che gli viene affidata: un gruppo di sei alunni, molto uniti e dotati di una spiccata, precoce intelligenza, ha un atteggiamento refrattario e oppositivo verso chiunque gli rivolga la parola. Stupito, ma allo stesso inquietato da quella reticente, scostante “maturità”, Pierre inizia ad essere assillato dai sei adolescenti, freddi e impassibili, fino a percepire i dettagli di un loro minuzioso piano…

Tratto dal romanzo L’heure de la sortie di Christophe Dufossé, pubblicato nel 2002, L’ultima ora è l’opera seconda di Sébastien Marnier, che ne firma anche la sceneggiatura. Un film che, seguendo dapprima la consueta scia dello school movie e alimentando poi l’incontro/scontro tra docente e discenti con le ombrose venature del thriller psicologico, esce con personalità autoriale dalle strette dinamiche filmico-scolastiche per disegnare il ritratto di una generazione talmente consapevole delle derive della società contemporanea (in particolare dell’irreversibilità del global warming) da richiudersi in un’accettazione senza ritorno dell’esistenza. Documentando in immagini, con estrema meticolosità, il loro “addestramento “ alla durezza della vita, archiviando le registrazioni di svariate “prove di sopravvivenza” in dvd numerati e catalogati, i sei allievi, preparandosi alla “fine”, pongono indirettamente al professore (e allo spettatore) domande pressanti sull’”inizio”: nell’inaccessibilità del loro orizzonte e nell’intransigenza del loro agire c’è, a monte, l’incapacità degli adulti a fronteggiare le sfide, individuali e collettive, della quotidianità? Le apprensioni ecologiche delle giovani generazioni, che ne L’ultima ora spingono i ragazzi a fare scelte ben lontane, ad esempio, dall’attivismo della studentessa svedese Greta Thumberg e del movimento “Fridays for future”, sono il riflesso dell’inadeguatezza di figure educative (i colleghi di Pierre, compreso il dirigente dell’istituto) impreparate, in cattedra, a formare, tra i banchi, gli uomini e le donne di domani?

Parlando di tutela dell’ambiente e sconvolgimenti climatici, il film di Marnier fa appello alla condivisione di un destino comune, ad un “patto generazionale” che va molto oltre il semplice nozionismo didattico. E seppure gravato da metafore talvolta persin troppo esplicite (come gli scarafaggi di provenienza kafkiana che compaiono sempre più numerosi nell’abitazione di Pierre, intenzionato a scrivere una tardiva tesi proprio sull’autore de La metamorfosi), L’ultima ora non attenua tuttavia un’efficace, sospesa atmosfera, dove soggettività e oggettività si incrociano, sostenute da uno script che privilegia le suggestioni oniriche alla realtà ontologica e da una regia ipnotica, dove i movimenti di macchina, quasi impercettibili, l’attenzione alla composizione delle inquadrature, le ellissi e i sottintesi impregnano di mistero le vicende.

Regia: Sébastien Marnier

Nazionalità: Francia, 2019

Durata: 103 minuti

Interpreti: Laurent Lafitte, Emmanuelle Bercot, Luàna Bajrami, Pascal Greggory

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.