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MONTE (Amir Naderi)

Amir Naderi, apprezzato regista iraniano emigrato a New York, è alla Mostra per ritirare il premio Jaeger-LeCoultre, e presenta Monte, girato in Italia con attori e troupe italiani. La storia ha un’essenzialità che mira all’assoluto: Agostino e la sua famiglia, dopo la scomparsa della figlia, decidono di restare vicino al Monte dove sono cresciuti. Ma la montagna è impietosa, non lascia risorse per una sopravvivenza dignitosa. In tutta la prima parte del film Agostino tenta una via d’uscita, coltiva prima, poi cerca di commerciare le poche cose che ha in paese, è persino tentato dall’idea di rubare. Ma nulla, la soluzione non si trova. La seconda parte è la rabbia o la vendetta, ed è quasi interamente assorbita dalle martellate che scaglia sulla montagna.

Quello di Naderi è un film estremo che per decine e decine di minuti inquadra un uomo che martella una parete rocciosa. Non ci sono compromessi né concessioni allo spettatore. Monte è un inno alla tenacia, all’ostinazione degli uomini, ma è anche un grido metafisico, la rivolta del pio Giobbe. Peccato che un film così ambizioso e assoluto nei suoi moventi non trovi in realtà uno spazio visivo altrettanto potente. Il Latemar, dove è girato, è meraviglioso, ma per il suggestivo finale il regista avrebbe avuto bisogno di ben altri mezzi, ai quali ormai lo spettatore, volente o nolente, è abituato. La montagna è stata rappresentata molto spesso al cinema con la sua bellezza e la sua violenza: per un film che poteva essere definitivo, come questo, si doveva pretendere qualcosa di più dal potere delle immagini.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani