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Quattro film per la Pasqua
Il sussidio della CNVF, una guida per le Sale della Comunità

Scheda CNVF per la quaresima La zona di interesse

Da oggi è possibile scaricare il sussidio della CNVF (Commissione Nazionale Valutazione Film), dedicato al percorso quaresimale, in attesa della Pasqua, ma non solo. Una selezione di film analizzati attraverso i loro temi particolarmente consigliati per la programmazione delle Sale della Comunità in ogni tempo.

Scarica qui il sussidio della CNVF

Di seguito trovate un’anteprima del contributo di Arianna Prevedello al sussidio.

Coscienze cloroformizzate.

Film europei che aiutano a richiamare in vita i nostri sensi

Alla cerimonia degli Oscar 2024, Da’Vine Joy Randolph, vincitrice come miglior attrice non protagonista nei panni della cuoca Mary Lamb in The Holdovers di Alexander Payne, nel ritirare il premio ha ringraziato chi nella sua vita aveva saputo vederla anche quando lei si sentiva invisibile. Nei deserti della vita, negli esodi scelti come unica e ultima speranza il rischio è proprio quello di non essere visti lungo il cammino, di essere lasciati al proprio destino o, ancor peggio, di essere traditi, percossi, uccisi come succede nel bianco e nero esasperato ma ficcante di Green border della regista e sceneggiatrice polacca Agnieszka Holland.

Accorgersi, portare letteralmente alla vista, quello che vive una famiglia di siriani, e una donna afgana unita a loro, al confine tra Bielorussia e Polonia diventa la condizione per vivere irrimediabilmente la chiamata dell’attivismo come persone e come famiglie, una generatività domestica che ricorda l’ospitalità di alcuni straordinari passi biblici.

Al cinema non essere visti significa anche non essere ascoltati: l’Oscar per il miglior sonoro a Tarn Willers e Johnnie Burn per il film inglese La zona d’interesse di Jonathan Glazer è il riconoscimento, in tal senso, della “disabilità” mostruosa che come uomini e donne sappiamo mettere in campo. Sarà difficile fare pace con la composta ferocia di Hedwig, magistrale interpretazione di Sandra Hüller, che diventa icona dell’assenza del sentire l’altro e la sua umanità. Se la vista del campo di concentramento di Auschwitz era impedita, perché non abbiamo sentito nemmeno i rumori dell’abisso in cui stavamo scivolando?

Ritirando il premio Willers e Burn hanno ringraziato perché l’Academy ha saputo ascoltare il loro lavoro: un messaggio per noi tutti operatori dell’esercizio cinematografico cattolico, le sale della comunità, a educare alla complessità significante del linguaggio del cinema. È importante ragionare su come portare e valorizzare questi sensibili appelli a non voltarsi dall’altra parte, a fare i conti con le nostre coscienze cloroformizzate.

Il film francese Sopravvissuti di Guillaume Renusson aggiunge un’ulteriore occasione per comprendere quanto i sensi ci aiutino a prendere parte alla Storia, a fare davvero la nostra parte, a ritrovare la nostra vita nel restituirla agli altri. Samuel ha perso la moglie in un incidente stradale e vive una convalescenza interiore molto più lunga di quella fisica che lo paralizza anche nella sua relazione con la figlia, la piccola Léa. Tornare nello chalet di montagna dopo molto tempo, dove tutto della moglie è rimasto intonso e vivo, è per Samuel (Denis Ménochet eccellente come in As bestas) varcare la soglia di un deserto che tanto lo chiama e tanto lo atterrisce. Ad aspettarlo, a sua insaputa, in questo luogo di confine umano e interiore, ci sarà Chehreh, profuga afgana separata suo malgrado dal marito in Grecia, che sta tentando di raggiungere la Francia con il noto e insidioso attraversamento alpino.

Tra gelidi metri di neve ed esaltati cacciatori di migranti Samuel dovrà fare i conti con “l’imprevisto” che mette in pausa i nostri sepolcri. Due non ancora sopravvissuti, a loro modo, si trovano a guardarsi in faccia nelle loro ferite. Aiutarla non è l’esito già scritto di questo film che, nell’impasto di più generi, spinge l’acceleratore proprio sul sonoro. Un principio di congelamento della donna sarà il punto di svolta per tornare a scaldare la vita, prima di tutto la sua, per soffiare quell’alito di vita di cui aveva perso le tracce nell’anestesia del lutto. Zahra Amir Ebrahimi e Denis Ménochet mettono in scena un’esperienza agapica di straordinaria efficacia che si nutre di pochissimi dialoghi ma di tantissima strada l’uno per l’altro. Continuiamo a cercare (e ad offrire) film che si vedono, film che si sentono.

di Arianna Prevedello

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Sull'autore

Gabriele Lingiardi