La recente morte di Mons. Francesco Ceriotti ha avuto vasta eco nel mondo della comunicazione sociale. Viene ricordato soprattutto come storico Direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI che fu da lui costituito negli anni ’70 e che guidò fino al 1988.
Schivo, amabile nel tratto, discreto, equilibrato, paziente, di grande sensibilità sacerdotale e pastorale: così lo ricordano quanti, come il sottoscritto, lo hanno avuto come amico sincero, maestro sapiente, interlocutore attento e rispettoso.
Nelle numerose testimonianze rese in sua memoria vengono messi in risalto i rilevanti ruoli da lui svolti, nell’ambito della comunicazione, a servizio della Chiesa italiana. Non è stato dato risalto, tra questi, a quello, da considerare non marginale, che, fin dai primi anni del suo sacerdozio e per circa venti anni, lo ha visto impegnato, nell’ambito dell’Associazione Cattolica Esercenti Cinema –ACEC, per la qualificazione pastorale e culturale delle sale cinematografiche parrocchiali, ora definite “sale della comunità”.
Come delegato ACEC della diocesi di Milano e della regione Lombardia (1958-1966), subentrò nell’incarico al compianto don Giuseppe Gaffuri, immaturamente e tragicamente scomparso, ereditandone l’entusiasmo e la grande passione per il cinema in quanto prezioso strumento di azione pastorale e culturale. Dal 1960 al 1977 ricoprì anche la carica di Vice Presidente Nazionale.
Mi è sembrato doveroso rimarcare questo lato della sua attività, forse meno noto, che tuttavia non è stato irrilevante nel corso della sua vita.
La qualificazione pastorale e culturale della sala cinematografica cattolica costituì il motivo centrale del Congresso nazionale dell’ACEC celebrativo del primo decennio di vita dell’Associazione (1959). In quella circostanza fu affidata a don Francesco la relazione di base (“La qualificazione della sala cattolica”) che segnò l’avvio di un cammino di riflessione e di studio dal quale maturò l’attuale connotazione della “sala della comunità”. Il passaggio da “sala cinematografica parrocchiale” a “sala della comunità” non fu operazione di vuoto nominalismo ma di radicale cambiamento ideologico e strutturale; operazione della quale Mons. Ceriotti fu uno degli artefici più convinti.
“ In conseguenza della loro funzione pastorale e della loro caratterizzazione comunitaria, le nostre sale devono proporsi come luoghi di incontro e di dialogo, come spazi di cultura e di impegno per un’azione sapiente di recupero culturale, di pre-evangelizzazione e di piena evangelizzazione”.
Questa è una citazione di quella prima Nota pastorale della CEI su “Le sale cinematografiche parrocchiali” (1982) fortemente voluta da don Francesco quale Direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e per la cui stesura fu determinante il suo apporto.
Nella stessa Nota pastorale viene richiamata, nel segno della polivalenza, la necessità per le “sale della comunità” di “considerare il cinema un capitolo, per quanto importante, di un più vasto impegno rivolto ad aree di interesse sempre più ricco e capace di abbracciare iniziative…tese a stimolare la comunità verso orizzonti ecclesiali più aperti”.
Sulla polivalenza della sala don Francesco ha avuto uno sguardo lungimirante. E’ stata sua l’iniziativa di costituire in Lombardia, nell’ambito dell’ACEC, il primo Gruppo regionale di Attività Teatrali- GAT. In seguito ne sono stati costituiti altri che sono poi confluiti nell’organismo nazionale di coordinamento denominato Federgat, organismo che in collaborazione con la CEI ha promosso con successo la rassegna nazionale dei “Teatri del Sacro” giunta nel 2017 alla quinta edizione.
Sono tanti i motivi per i quali l’ACEC deve gratitudine a don Francesco e dei quali ha ritenuto doveroso rendergliene pubblicamente atto.
Personalmente mi resta il ricordo e l’orgoglio di averlo incontrato, di aver goduto della sua amicizia, di aver condiviso con lui, e non solo nell’ACEC, tanti obiettivi e tanti anni di impegno ecclesiale.