Un ragazzino proletario della provincia londinese manifesta fin dalla tenerissima età un immenso talento musicale, accanto all’orecchio assoluto. Supportato dalla nonna che riesce a suo modo ad equilibrare i (mal)umori concitati dei genitori egotici, gelidi e separati, il piccolo ottiene una borsa di studio alla Royal Academy di Londra che inizia a frequentare con profitto. Ma il suo spirito e le sue “dita” prodigiose sul pianoforte hanno ritmi diversi da quelli “classici”, tanto che poco più che adolescente inizia a comporre canzoni coadiuvato dai testi di Bernie, che diventerà l’amico di una vita intera. Cambiando il nome da Reginald Kenneth Dwight in Elton Hercules John, il giovane si prepara a scalare un successo immediato e straordinario. Ma è proprio anche a causa di tale popolarità che gli attriti e la distanza con i genitori si intensificano, portando Reginald/Elton in una profonda crisi d’identità e di solitudine che compensa con l’uso di droghe e alcol. Il rehab lo trasformerà in un uomo e artista nuovo, quello che tutti noi conosciamo e ammiriamo.
Un diavolo alato sopraggiunge dal nulla verso un gruppo d’ascolto. Si siede, si dichiara “un drogato, alcolista, sessuomane, shopaholic, bulimico..”. La sua vita è un inferno, dopo essere stata un paradiso. Gradualmente cade maschera e la star diventa un semplice uomo bisognoso d’aiuto: il re è nudo coi suoi fantasmi.
Così inizia Rocketman di Dexter Fletcher, che – va subito anticipato – è una celebrazione ma non un’apologia di Elton John. E soprattutto mette in scena un grandissimo interprete nei panni del musicista britannico al punto da poter affermare che Taron Egerton fa impallidire il pur premio Oscar Rami Malek, il Freddie Mercury dell’osannato ma modesto Bohemian Rhapsody. Senza incoraggiare ovvi confronti fra i due biopic, Rocketman offre certamente qualcosa che l’opera di Synger non fa, ovvero inserire il biopic nel genere musical vero e proprio con le canzoni dell’artista assunte a parti integranti della narrazione. Grazie all’apporto personale del musicista inglese, che a differenza di Mercury naturalmente è ancora vivo, i dettagli della sua vita arrivano da fonte diretta, con tutti i pro e i contro che questo comporta. Da una parte, infatti, è confortata la veridicità dei fatti, dall’altra la selezione degli stessi è avvenuta incontestabilmente da fonte unilaterale, nel chiaro rispetto dei altri personaggi ancora viventi e presenti nella vita di Elton John. Personaggio bigger than life, smisurato in ogni sua emanazione (“non vivrò mai una vita in bianco e nero”) e come molti istrioni al di là del bene e del male, il “rocketman” Elton John non poteva che ispirare un musical dai toni superlativi, dalle atmosfere cromatiche e dalle scenografie esplosive. E soprattutto dai numeri musicali e coreografici di assoluta maestria e originalità, con Egerton notevole cantante oltre che raffinato interprete. Opera pop nel senso più filologico del termine, Rocketman è un classico ritratto narrativo con cornice, ove è racchiusa la parabola di un uomo che cade dall’olimpo tormentato dalla mancanza d’amore vero, in primis da parte dei genitori. Il ritorno alla vita, e alla salute, non passa comunque solo attraverso il rehab, bensì attraverso il perdono profondo verso chi l’ha ferito o trascurato e soprattutto verso se stesso. Certamente non memorabile per l’apporto cinematografico in sé, il film del britannico Fletcher trova il suo valore in una confezione “musical” di livello molto ben assemblata ed interpretata.
Regia: Dexter Fletcher
Cast: Taron Egerton, Bryce Dallas Howard, Richard Madden, Jamie Bell
Gran Bretagna 2019
Durata: 121’