News Festival Venezia 73

SAFARI (Ulrich Seidl)

Ulrich Seidl ha portato alla Mostra, negli anni passati, film e documentari fastidiosi come Canicola e Im Keller, che mostravano realtà sociali marginali, grottesche e pericolose. Ci riprova quest’anno con Safari, nel quale segue alcuni cacciatori nelle pianure della Namibia. I loro obiettivi sono antilopi, gnu, zebre e giraffe. Come sempre la macchina da presa non fa sconti: vediamo l’uccisione, le fotografie trionfanti, la macellazione degli animali morti. La messa in scena ha una purezza scostante, una fissità attonita.

A differenza degli anni precedenti però il tema non pare così potente, forse perché molto se n’è parlato recentemente sui giornali e tutti ne conoscono i risvolti morali. Mentre in altre occasioni, cioè, era lo stupore di scoprire realtà sconosciute e sommerse, qui questo aspetto manca, e il film ne è inevitabilmente penalizzato. Restano le frasi dei cacciatori che provano a raccontarsi e a giustificare la loro attività con deliranti motivazioni scientifiche (secondo cui per esempio la caccia farebbe bene alla specie) o con perle di saggezza (comunque dobbiamo tutti morire). E resta la bellezza spuria di alcune immagini, come quelle degli animali macellati, nonostante facciano inorridire. Si intravedono anche temi secondari, come la questione razziale (uno dei cacciatori afferma per esempio che non ha nulla contro i negri: in fondo, dice, non è colpa loro se sono nati di quel colore!). Eppure, nonostante tutto questo, il film non decolla, resta statico, non sorprende né in fondo infastidisce come altre volte.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani