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SU RE
Un racconto aspro e inquieto della Passione

Questa scheda di approfondimento è tra quelle proposte in Passio Contemporanea, iniziativa ACEC che propone quattro film capaci di mettere a tema la Passione attraverso il linguaggio cinematografico: “La Ricotta” (Pier Paolo Pasolini, 1963), “Gran Torino” (Clint Easwood, 2008), “I Colori della Passione” (Lech Majewski, 2011), “Su Re” (Giovanni Columbu, 2012) .

TRAMA
Le ore cruciali della vita di Cristo, dall’ultima cena alla crocifissione, incrociando sinotticamente i Vangeli, senza seguire un andamento cronologico. Al contrario, arrestandosi e riprendendo più volte il suo corso, il racconto in immagini riannoda in ripetuti flashback il tradimento da parte di Giuda, il processo sommario, la condanna, la flagellazione, la morte in croce. Una rappresentazione della Passione collocata tra i profili pietrosi della Sardegna, negli spazi brulli dell’entroterra, interpretata da attori non professionisti (alcuni dei quali reclutati anche in centri di salute mentale) e tutta parlata in dialetto.

UN FILM ASPRO E STRUGGENTE
Un film straniante, struggente, vivido, quello di Giovanni Columbu, già autore nel 2001 di Arcipelaghi. Un’operazione di stampo pasoliniano, che attribuisce a Gesù fattezze inconsuete, distanti dai canoni classici, e fa recitare tutti i personaggi in una lingua ancestrale, retaggio di una cultura, quella sarda, impastata di accenti e idiomi lontani: la Passione messa in scena da Columbu appare fortemente radicata nel cuore della natura, aspra come i volti scolpiti dei protagonisti. In questo senso, Su Re è un film che comunica allo spettatore in modo intimo e latente, facendo sgorgare sensazioni forti e richiamando in ognuno di noi le voci dello spirito.

LE FONTI PITTORICHE
Un calvario raccontato con straordinaria intensità, ma senza ricorrere ad enfasi gratuite e flussi emotivi ricattatori. La “povertà” stilistica (solo apparente, in realtà del tutto ricercata) e l’allontanamento estetico dalla prassi iconografica messianica sono le “cifre” fondative di Su Re, perfettamente aderente, nel suo rigore formale, ai luoghi di ambientazione, capace di far ritrovare nella consequenzialità non lineare delle vicende il fluire rituale, collettivo ed evocativo della celebrazione cristiana e, nella sua matrice visiva, ispirato a precise fonti pittoriche: la Salita al Calvario di Pieter Bruegel il Vecchio (dove il paesaggio non è quello palestinese, bensì le Fiandre, e tutti i personaggi raffigurati vestono costumi del tempo) e la Crocefissione di Matthias Grünewald (dove la fisicità niente affatto oleografica di Cristo conduce, cinematograficamente, molto più allo Stracci de La ricotta pasoliniana che al Gesù di Zeffirelli).

LE ASCENDENZE PASOLINIANE
Il Gesù di Su Re, dunque, non suscita compiacimento ai nostri occhi, apparendo come figura dalla sembianza prettamente umana, ben inserita d’altronde in una catena ininterrotta di espressioni, volti, sguardi presi dalla strada, anonimi eppure dolenti, ruvidi e schietti, intrisi già naturalmente di autenticità e alimentati, nella loro drammaturgia recitativa, dalla linfa sotterranea del racconto orale e dell’improvvisazione canora, molto diffusa in Sardegna. Se l’immagine cristologica del film riporta alla profezia di Isaia (“non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere”) e rimanda ad una dimensione interiore visibile solo ai “puri di cuore”, proprio l’uso di attori non professionisti e la pregnanza di primi e primissimi piani, oltre alla significanza del paesaggio circostante, con pietre e alberi scossi da luce e vento, riflettono in Su Re le forti ascendenze pasoliniane, in particolare de Il Vangelo secondo Matteo.

LA CONTIGUITA’ AI TESTI SACRI
Nel trasporre sullo schermo la Via Crucis il film di Columbu si muove in precisa contiguità ai testi sacri, che ne costituiscono a tutti gli effetti, nel loro incastro, la ‘sceneggiatura’: attraverso una lettura trasversale dei Vangeli, infatti, Su Re non solo si mostra rispettoso del dettato evangelico, ma ne rilancia tensioni e suggestioni, inscrivendo il film dentro ad un destino che sta per compiersi, allo stesso tempo meraviglioso e tragico. Parimenti, il linguaggio filmico di Su Re vibra di analoghi fremiti: uno stile mai quieto, quello utilizzato da Columbu, assai partecipe, nelle sue inquadrature scomposte, al tema affrontato. Perché, come sottolineato dallo stesso regista, “il continuo traballare della macchina da presa fa pensare che qualcosa di grandioso sta per accadere. Un terremoto che, se non ha scosso la terra, ha travolto il cuore degli uomini”.

SU RE
Regia di Giovanni Columbu
Con Fiorenzo Mattu, Pietrina Menneas, Tonino Murgia, Paolo Pillonca, Antonio Forma.
Italia, 2012
Durata 80 minuti

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.