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ALLA CORTE DI RUTH – RBG (Betsy West e Julie Cohen)
La Giudice icona vivente delle pari opportunità

La straordinaria esistenza tuttora in corso di Ruth Bader Ginsburg, seconda donna della storia nominata fra i nove Giudici della Corte Suprema americana, in un documentario/documento che ne ripercorre la battaglia radicale e incessante, specchio della sua personalità bigger than life.

Certamente non bastano un documentario e un film di finzione (Una giusta causa di Mimi Leder) a restituire la grandezza di Ruth Bader Ginsburg, meglio nota al mondo come RBG, figura fuori dal comune sotto vari punti di vista. Resta comunque importante e indicativo che le uniche due opere finora a lei dedicate siano state realizzate e distribuite a distanza di pochissimo tempo. Tralasciando le valutazioni sul film di Leder in quanto già trattate in questa sede in concomitanza con la sua uscita nelle sale italiane, il documentario del duo West & Cohen lavora di controcampo, compensando quanto la finzione per sua natura non poteva comprendere. Ciò include naturalmente la presenza della giudice Ginsburg, portavoce “di-per-sé” di un’autocoscienza narrativa e testimoniale posta al centro del percorso documentale. In altre parole, il ritratto è un work in progress proprio in virtù di una protagonista tuttora vivente e sovrana del proprio pensiero. In tal senso, RBG non solo offre la propria Memoria impreziosita dal punto di vista personale (un doppio livello narrativo..) ma dà sostanza a riflessioni sul presente storico – in particolare del suo Paese “colto” nel flagrante dell’era trumpista – arricchendole di quel causa/effetto imprescindibile per comprendere il senso della Storia stessa. Nata nel 1933 a Brooklyn da famiglia ebrea americana, la giovane Ruth ha sbriciolato ogni record di eccellenza e resistenza: non solo sempre promossa a pieni voti ovunque frequentasse (inclusa la facoltà di legge di Harvard negli anni ’50 praticamente preclusa alle donne) ma anche capace di supportare la malattia del marito Martin (anch’egli avvocato, fu colto da un tumore in giovane età a cui sopravvisse fino all’anzianità) sostituendolo ai corsi universitari quando egli non poteva presenziare. E’ grazie a una “piccola” causa legale assegnata ai coniugi Ginsburg che siglava un precedente, che Ruth vide la possibilità di formulare una nuova legge a favore della parità di genere in materia di diritto del lavoro. Naturalmente la sua lotta si sviluppò soprattutto nei confronti delle donne – ella stessa è sempre stata vittima di discriminazioni sia in quanto donna che in quanto ebrea – ma la sua lungimiranza e la sua preparazione furono in grado di estendere l’equipollenza su base universale, secondo il principio di inclusione di cui tanto oggi si dibatte. Mentre il documentario di West & Cohen rende atto e merito dei successi giuridici e legali di Bader Ginsburg – spesso intervistata durante il suo quotidiano training in palestra per mantenersi in forma “nel corpo e nella mente” – non trascura il suo aspetto “pop”, essendo RBG divenuta un’icona presso le nuove generazioni che l’hanno equiparata ai rapper: nel soprannome attribuitole dai suoi fan, Notorious RBG, riecheggia infatti l’idolo rap B.I.G. che sappiamo caduto vittima della lotta fra gang african-american. Unendo l’elemento storico/filologico al “carattere pop” di cui gode la coriacea Giudice, Alla corte di Ruth si presenta come un’opera complessa e completa capace di mescolare gli elementi substanziali del racconto con originalità e profonda levità. Non è un caso sia stato nominato agli ultimi premi Oscar.

Regia: Betsy West e Julie Cohen

USA 2018

Durata: 97′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.