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DIEC, il miracolo dell’arte in montagna
Il caso pastorale della comunità che ha scelto la via del bello diventa un documentario

L’opera narrata con fedeltà documentaristica e insieme con eleganza poetica dal film «Dieç. Il miracolo di Illegio», di Thomas Turolo (Italia 2019), che la Provvidenza ha suscitato come un miracolo ad Illegio, un piccolo paese di 340 abitanti nelle alpi carniche, in Friuli Venezia Gulia, è nata per l’intuizione di una possibile missione fondata sulla comunione, sulla bellezza e sull’audacia pastorale, con il proposito di essere al tempo stesso un segno di riscatto sociale. Un film è uno sguardo del cuore, rivolto a una realtà dal regista e dalla compagnia di tutti coloro che con lui hanno scelto di abitare quella realtà e di lasciarsi abitare dalla sua anima genuina, simpatica e sbilenca, per poi trovare in frammenti di immagini e di confessioni, di paesaggi e di musiche la forma giusta, sintetica, intima, che sappia suscitare anche in noi lo stesso sguardo del cuore. «Dieç» è fatto così e ci racconta una storia, vera, nella quale ritroviamo anche qualcosa di noi stessi e ci sentiamo condotti su un sentiero lungo il quale nascono domande su come la vitalità spirituale del cristianesimo possa generare unione, coraggio, cultura, apertura, uscita verso un mondo da riattirare al fascino del Vangelo superando schemi stanchi. È dal primo giorno di quella Pentecoste, che non ha più avuto fine nella storia della Chiesa, che lo Spirito di Dio spalanca le porte dei cenacoli, conferisce il dono di parlare in tutte le lingue utili per trafiggere il cuore di tutti quelli che passano per la piazza. Ad Illegio si parla una di queste lingue che stupiscono, una porta si è aperta, e molti – stranieri alle normali proposte e occasioni della cristianità “classica” – si fermano ad ascoltare e si sentono dentro una nostalgia della Grazia che percepiscono anche i non credenti o i diversamente credenti.

UN PAESE INCASTONATO TRA LE ALPI CARNICHE

Illegio – in lingua friulana Dieç – è un paese di 340 abitanti, posto a cinque minuti di viaggio da Tolmezzo, salendo una via ricavata di fronte al monte Amariana e superando, dopo l’ultimo tornante, una conca che si apre improvvisamente allo sguardo, cinta all’orizzonte dai monti più alti del Friuli Venezia Giulia. La strada termina in paese: a Illegio non si arriva di passaggio per altre mete. E fino al 2004 non vi giungevano che i pochi estimatori di una località dove paesaggio, storia, tradizione, arte e fede sono intrecciati magnificamente: da quell’anno, invece, oltre 400mila persone hanno scoperto un tale scrigno, grazie alle mostre internazionali d’arte che la comunità ha proposto annualmente. Sopra la piana di Illegio veglia ritta, arroccata sul crinale del monte Gjaideit, la suggestiva Pieve di San Floriano, del XI secolo. L’edificio sacro, raggiungibile solo tramite un sentiero tra i boschi, si presenta come un sacello di intatta bellezza medievale e rinascimentale, scrigno di pregiati capolavori tra cui un altare ligneo del tardo Quattrocento di Domenico Mioni, un altare di pietra dipinta di Carlo da Carona e affreschi del Due, Tre e Seicento.
Il Touf, placido rio che scaturisce da una sorgente nel cuore del paese e attraversa il villaggio, mette in movimento sette antichi mulini, una macina da orzo e una piccola segheria. Percorrendo «la Via del Mulini» si giunge in particolare al Mulin dal Flec, tutt’oggi in funzione per le necessità dei paesani e dei visitatori. Illegio conserva, qua e là, caratteristiche architettoniche antiche: gli archi che si aprono nelle facciate introducono a corti, porticati e loggiati con molti segni delle tradizioni contadine che il paese tuttora custodisce. Passeggiando tra queste corti, l’occhio è spesso avvinto da semplici e raffinati portali di pietra: i più antichi sono costituiti da conci di tufo locale, quelli ottocenteschi sono in marmo finemente scolpito nella chiave di volta. Altro elemento di pregio che il paese ha conservato è il patrimonio di canti dell’antichissima tradizione liturgica orale “patriarchina”, cioè connotata da radici nell’antico rito aquileiese: i Vespri solenni, ad esempio, spesso risuonano nella settecentesca chiesa della Conversione di San Paolo che è situata nel cuore dell’abitato. A Illegio, inoltre, le leggende tramandate da vecchi narratori domestici si sono dimostrate in diverse occasioni non soltanto insegnamenti sul senso della vita, maturati nel seno della comunità attraverso secolari vicissitudini, ma anche repertori di memorie storiche esatte, tanto da diventare la “mappa” di riferimento per una serie di campagne di scavi archeologici che negli ultimi anni hanno portato alla luce tutto ciò che gli illegiani descrivevano nei loro racconti: le tracce di culti rupestri d’età augustea, i resti delle dimore medioevali dei castellani «de Legio» e diverse altre fortificazioni precedenti al Mille, ma soprattutto le vestigia della prima chiesa del luogo, datata alla fine del IV secolo: la più antica testimonianza di una chiesa rurale nell’arco alpino.

LE MOSTRE

Ciò che sta accadendo in questi anni ad Illegio – una periferia che si è ripensata come centro di unaproposta audace – è miracoloso. Illegio è diventato un luogo audace per l’arte: audace per esser la più piccola tra le sedi d’arte al mondo; audace nel proporre l’incontro con l’arte in un modo speciale. Si è aperta una strada coraggiosa, che ha portato tra le case di quel villaggio oltre 400.000 persone alla scoperta dell’incontro tra la bellezza delle opere d’arte e la filosofia, la letteratura e la fede che le hanno generate, mettendo in mostra dipinti e sculture in modo tale da generare un’esperienza viva di rivelazione, percepibile anche da chi non avesse il dono della fede. Tutto ciò, inoltre, diventa un laboratorio di promozione sociale, economica, turistica: è l’esempio che le minoranze creative e le periferie vitali sono davvero una risorsa grande per l’Italia, che custodisce senz’altro città di sublime pregio ma nondimeno vive e scrive pagine straordinarie del suo genio in tante periferie tutt’altro che degradate, anzi, davvero rigeneranti. A partire dal 2004 la comunità, dando vita all’associazione culturale Comitato di San Floriano, ha trasformato la vecchia abitazione del sacerdote in una elegante Casa delle Esposizioni (attrezzatissima dal punto di vista tecnologico e della sicurezza), si è dotata di un Teatrotenda, ma soprattutto ha coinvolto decine e decine di volontari, ha formato e dato lavoro a tanti giovani, ha messo all’opera un centinaio di studiosi di tutta Europa, ha stretto collaborazioni con professionisti e imprese locali e nazionali, ha suscitato entusiasmo stupefatto di pubblico e di critica, proponendo ogni anno in paese una mostra internazionale d’arte. Tra gli oltre 400 prestatori di tutto il mondo che collaborano ordinariamente con Illegio e che hanno messo a disposizione oltre 1.000 opere i questi anni, si possono ricordare Louvre e D’Orsay di Parigi, National Gallery di Londra, Tret’jakov di Mosca, Hermitage di San Pietroburgo, Prado e Thyssen-Bornemisza di Madrid, Gemäldegalerie di Berlino, Kunsthistorisches e Belvedere di Vienna, i Musei Vaticani, il Quirinale, gli Uffizi di Firenze, la
Pinacoteca di Brera, il Museo Nazionale di Capodimonte, le Gallerie dell’Accademia di Venezia… Quanto alle firme di artisti le cui opere vengono ammirate ad Illegio, sono frequenti quelle di
Caravaggio, Raffaello, Bernini, Botticelli, Rubens, Canova, Tiepolo, Bellini, Signorelli, Bosch, Dürer, El Greco, Veronese, Lorenzo Monaco, Memling, de La Tour, Guercino, Jordaens, Picasso, Dalì… Dal 2004 al 2018, il Comitato di San Floriano ha realizzato numerosi restauri di opere d’arte del patrimonio nazionale ed europeo, 15 mostre internazionali a Illegio, 7 mostre straordinarie su invito di istituzioni della Repubblica Italiana o della Santa Sede (una a Bruxelles, una nei Musei Vaticani, una a Palazzo Venezia a Roma, una a Palazzo Borromeo a Roma, tre a Roma per l’Anno della fede), 2 mostre a Tolmezzo e 2 mostre a Udine, svariate pubblicazioni, le campagne di scavi archeologici e gli stages di formazione per i giovani coinvolti nelle sue attività. Il solido rapporto con le Istituzioni nazionali e locali e con numerose imprese e realtà di eccellenza del panorama produttivo ed economico nazionale e friulano hanno reso possibile un sogno che ha fatto di Illegio un segno di speranza.

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