Primo piano Venezia 80 Filmcronache

ENZO JANNACCI – VENGO ANCH’IO (Giorgio Verdelli)
Un documentario "perfetto"

Enzo Jannacci – Vengo anch’io è un documentario perfetto. Le persone intervistate sono celebri e appassionate, le loro parole sono montate perfettamente con immagini di repertorio, con performance dell’artista, ma anche sue interviste inedite. Vediamo susseguirsi sullo schermo figure dello spettacolo di generazioni diverse, da Roberto Vecchioni e Francesco Guccini a J-Ax e Francesco Gabbani, da Massimo Boldi e Dori Ghezzi a Vasco Rossi e il figlio Paolo Jannacci, e ovviamente Giorgio Gaber e Dario Fo in interviste registrate. Tutti dicono le parole giuste, chi facendo sorridere, chi commuovendo.

Enzo Jannacci – Vengo anch’io è un documentario perfetto, e in quanto tale traslucido, algido, impenetrabile, uno di quei documentari che scorrono innocui in televisione in tarda serata mentre prendiamo sonno sul divano e ricordiamo i vecchi tempi andati. Annuiamo mentre tutti gli intervistati ripetono la parola “genio” o “il più grande di tutti”, prima di sbadigliare e andare a letto.

Nel 1967 Fabrizio De André pubblicò la celebre canzone Via del campo. Pochi sanno che è stata ispirata proprio da Jannacci tanto da risultare coautore del testo. Sono rimasti proverbiali i versi «dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fiori». Sono una sorta di versi manifesto per un autore irregolare, innovatore, insofferente verso tutto ciò che è prevedibile e già detto, uno che guardava ai margini, alle figure minori o minime della società, al dialetto milanese, alle tradizioni popolari. Chissà se sarebbe piaciuto, a un autore così, un documentario perfetto come un diamante, innocuo, professionale, in cui compare solo il volto pubblico e trionfale dell’autore e ogni ombra dell’uomo è omessa o taciuta, come un’immagine ritoccata con photoshop, bellissima e inautentica.

Traspare autenticità solo dal volto di Vasco Rossi che legge una lettera elogiativa di Jannacci e si commuove, dal ricordo sincero di una star che conferisce al più anziano il ruolo di maestro inatteso, il cui valore supera quello delle folle, degli stadi pieni, del successo.

 

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani