Venezia 80 Filmcronache

I KNOW YOUR SOUL (Alen Drljević, Nermin Hamzagić)
Un giallo semplice ma che si guarda con piacere

Tutto comincia con un ragazzo che si butta dal tetto di un palazzo di Sarajevo, apparentemente senza motivazioni. A indagare sul caso un procuratore donna, che ha un figlio che frequenta la stessa scuola del ragazzo morto, e un marito dal quale si è recentemente separata, pronto ad accusarla di non essere una buona madre. Mentre le indagini proseguono compaiono sempre nuovi indizi che mettono in difficoltà la donna, in un crescendo di errori, tensioni, depistaggi. Sullo sfondo ci sono i media, che ingigantiscono ogni sospetto, e mettono alla gogna prima di verificare; e i social, implacabili, che rendono tutto ancora più delicato e complesso.

C’è, in tutto questo, un’analisi sociale: un ragazzo che voleva sfruttare i social per il successo di una sua canzone rap ne resta poi vittima. In più, il sospetto bullismo di cui sono oggetto alcuni studenti è un altro tema di grande attualità. Ma ciò che funziona meglio in quest’opera è la figura della protagonista, costantemente divisa tra la ricerca della verità e la compassione, tra l’essere madre e essere un procuratore, essere buona e essere giusta, sempre oppressa dalla difficoltà di comprendere la generazione dei suoi figli. Da qui deriva la sua condotta a volte troppo sospettosa, altre troppo emotiva, che sembra condurla sempre in errore nonostante le buone intenzioni. È un personaggio sfaccettato, fuori dagli stereotipi, una donna in carriera e una madre premurosa, un detective efficiente e una persona in fondo empatica e sentimentale.

I know your Soul, conosco la tua anima, dice il titolo, ma il tema è proprio l’impossibilità di conoscersi fino in fondo, anche tra genitori e figli, anche se si condivide la casa e il tempo, ognuno sembra avere verità nascoste, non condivisibili, nemmeno quando ci si prova, perché la diffidenza e i sospetti hanno il sopravvento. La pellicola è presentata come una serie di cui vengono proposti i primi due episodi, ma in realtà appare come un film concluso in sé, con uno scioglimento finale ancorché evidentemente provvisorio. Un giallo che si guarda con piacere nella sua semplicità.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani