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Il commento ai FILM VINCITORI della Festa del cinema di Roma
Bound in heaven, La nuit se traîne, Jazzy, Leggere Lolita a Teheran e Bring Them Down

Bound in heaven Festa del cinema di Roma

Un concorso, intitolato Progressive cinema, non particolarmente esaltante (anzi, con molti titoli modesti), ma ravvivato, lo scorso 26 ottobre, dall’attribuzione ai vincitori di premi rispettosi dei valori emersi in gara. I due riconoscimenti principali della Festa del cinema di Roma, in particolare, a sipario calato sulla diciannovesima edizione della rassegna capitolina, sono apparsi del tutto appropriati.

Miglior film alla Festa del cinema di Roma: Bound in heaven

L’esordio alla regia della sceneggiatrice Huo Xin è parso assai meritevole del Premio per il miglior film, oltre ad aver conquistato anche quello per la migliore opera prima: non solo perché, a livello narrativo, Bound in heaven affronta temi raramente esplorati nel cinema cinese contemporaneo (la violenza domestica, la malattia terminale, una love story tutt’altro che convenzionale), ma anche e soprattutto perché provvisto di uno sguardo filmico maturo e penetrante. La storia d’amore tenera, bizzarra e sincopata tra un ragazzo colpito da una patologia degenerativa, però non intenzionato a farsi curare in ospedale, e la fidanzata di un ricco e possessivo uomo d’affari, dal quale lei riesce a fuggire, compone un ritratto della gioventù cinese intenso e fosforescente, romantico e allo stesso tempo funereo, sostenuto da una regia che esplora con viva curiosità gli ambienti esterni (le campagne isolate così come le strade delle metropoli) facendo risalire i due protagonisti, su un’ideale scala esistenziale, dai bassifondi di Shanghai alla cima di un grattacielo. Fino ad un cielo notturno, intristito dal lutto, rischiarato da spettacolari fuochi d’artificio, in un’ascesi non spirituale ma intimamente relazionale.

La nuit se traîne

Basato sul romanzo omonimo di Li Xiuwen, Bound in heaven è un film assediato da una morte incombente, ma, ciononostante, è una riflessione potente sull’inesauribile voglia di vita che nutre l’essere umano. Seppure su un fronte tematico differente, e all’interno di un genere ben diverso, il thriller metropolitano, anche La nuit se traîne (vincitore del Gran premio della giuria) spalanca orizzonti di vita in un contesto urbano contrassegnato da violenze, scontri e sopraffazioni. Anch’esso opera prima, firmata del belga Michiel Blanchart, La nuit se traîne pulsa di echi scorsesiani nell’immersione dei personaggi in una dimensione notturna accesa e febbrile: la storia di un giovane fabbro di colore, rigoroso e instancabile, che una notte, a Bruxelles, dopo aver aperto la porta di casa di una ragazza che lo ha chiamato perché priva delle chiavi, precipita in un’odissea criminale, è scandita da tensioni crescenti e fughe rocambolesche, con il ragazzo braccato senza sosta da una banda di malviventi.

Tra discoteche, stazioni ferroviarie e vie cittadine, proprio mentre in una Bruxelles che somiglia a New York si snoda una manifestazione del movimento Black Lives Matter, a sostegno dei neri e contro le repressioni della polizia, il film di Blanchart mette in scena, tutto in una notte, un’adrenalinica caccia all’uomo, ritmata come un perfetto orologio e tesa come una corda di violino, nella quale i rapporti tra inseguitori e inseguiti (e tra buoni e cattivi) si confondono arrivando quasi ad annullarsi e a cambiare di segno. Centrale, nella vicenda, la dimensione etica, con il peso delle scelte individuali a improntare i caratteri dei protagonisti e la scintilla della speranza a riaccendersi grazie ai sussulti di coscienza.

Jazzy

Festa del cinema di Roma Jazzy

Condivisibile, ma solo in parte, proseguendo nell’elenco dei premiati di Roma 2024, il riconoscimento alla miglior regia conferito a Jazzy. Se è vero che l’osservazione, lunga sei anni (sulla scia di un film ‘a tempo’ come Boyhood di Richard Linklater), della piccola Jasmine, detta Jazzy, che vive in una cittadina del South Dakota, possiede un indubbio fascino per la libertà stilistica che si concede Morrissa Maltz, è altrettanto vero che il racconto della ‘fatica di crescere’ della bambina Oglala Lakota, condensata nelle ore passate a scuola, alle feste di compleanno, in casa e soprattutto insieme alla migliore amica Syriah, talvolta sembra perdere il filo, ‘galleggiando’ in una descrizione transitoria e poco significativa. Il pregio, così come il limite, di Jazzy è di lasciare sullo sfondo gli adulti, i genitori: ombre e sagome ai margini delle inquadrature, espressioni di un’età e di un mondo forse incapace di ascoltare.

Leggere Lolita a Teheran e Bring Them Down

Il Premio speciale della giuria della Festa del cinema di Roma assegnato al cast femminile di Reading Lolita in Teheran di Eran Riklis (premiato anche dal pubblico come miglior titolo della rassegna) rende onore ad un film ammirevole nel suo messaggio di protesta civile, per quanto assai ordinario sotto il profilo prettamente cinematografico, mentre il Premio alla miglior sceneggiatura attribuito a Bring Them Down di Christopher Andrews (un altro esordio alla regia) fa risaltare un’Irlanda rurale in cui, sullo sfondo di paesaggi bucolici, si muovono personaggi tormentati, sospesi tra ombre di un passato oscuro e incombenti minacce future.

Le ruggini pregresse tra due famiglie di allevatori, acuite da intricate vicende personali, sfociano in un vortice di rabbia e in un sotterraneo desiderio di vendetta, visualizzato sullo schermo con buona padronanza dei meccanismi narrativi. Infine, condivisibili le vittorie, quali migliori interpreti, di Ángela Molina ed Elio Germano, rispettivamente per le loro performance attoriali in Polvo Seran di Carlos Marques-Marcet e in Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.