Amal è una bambina che è tornata da poco nel suo vecchio quartiere situato alla periferia di Gaza. Ora è molto diverso da quando lo abitava e Amal riesce a ricordare solo l’albero di sicomoro sul quale si arrampicava insieme ai suoi fratelli. Lei e i suoi fratelli sono tra i pochi della numerosa famiglia contadina dei Samouni a essere sopravvissuti all’arrivo della guerra nel 2009. Adesso però, attraversato un doloroso periodo di lutti, devono iniziare a ricostruite le loro case, la loro strada, il loro quartiere.
Presentato alla “Quinzaine des realizateurs” 2018 e vincitore dell’œil d’or come miglior documentario Cannes 71, La strada dei Samouni è il sesto lungometraggio firmato da Stefano Savona, documentarista palermitano che vive tra l’Italia e la Francia e che è tra i principali protagonisti della straordinaria stagione vissuta dal “cinema del reale” italiano del XXI secolo. Il film si ricollega a uno dei suoi precedenti lavori (Piombo fuso), ovvero il mirabile “diario di guerra” in cui Savona, spingendosi con la sua camera nella striscia di Gaza, era riuscito a raccontare dall’interno l’attacco operato dall’esercito israeliano nel gennaio del 2009. Fu proprio in quell’occasione infatti, che il filmmaker siciliano incontrò la grande famiglia dei Samouni, sorta di “piccola comunità” che (soprav)viveva alla periferia di Gaza e che era stata praticamente sterminata da quell’attacco (ben 29 furono i membri uccisi). Un incontro tanto toccante quanto decisivo, perché Savona iniziò da subito a filmare alcuni dei componenti sopravvissuti (soprattutto i più giovani), tornando periodicamente a Gaza per seguirne gli sviluppi.
La strada di Samouni è dunque il frutto di questo pedinamento perseguito per anni, ma che in fase di realizzazione ha subito un importante scarto nell’abituale lavoro del cineasta e che ha coinvolto anche un altro importante artista italiano, l’animatore Simone Massi. La narrazione del film infatti agisce su due livelli: il primo è quello del racconto documentario, che appunto segue le vicende della giovane Amal e dei suoi fratelli nei mesi successivi l’attacco; il secondo è quello che ne racconta il prima, ovvero le vicende della famiglia ad esso precedenti, attraverso l’utilizzo della tipica tecnica di animazione di Massi (graffio su carta) successivamente digitalizzata in 3D. Ne esce fuori un’operazione sperimentale e archeologica in cui l’immanenza del “cinema del reale” dialoga con la dimensione trascendentale dell’animazione e che, proprio per questo, è in grado di farsi racconto simbolico di una lacerazione, familiare e comunitaria, e contemporaneamente affabulazione di un’identità frantumata e in cerca di ricomposizione. Un racconto potente ed emozionante al centro del quale si trovano sia la perdita che la ricostruzione, il visibile e l’invisibile. Per ricordarci ancora una volta che la forza imprescindibile della Memoria ha nel cinema un formidabile alleato.
LA STRADA DEI SAMOUNI
Regia Stefano Savona
Animazione Simone Massi
Italia/Francia, 2018
Durata 150’