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LA TESTIMONE – SHAHED (Nader Saeivar)
L’ostinata ricerca della verità

Tarlan vive in Iran, è un’insegnante in pensione, da sempre molto impegnata nella lotta contro la discriminazione di genere nel suo paese. Zara, la figlia adottiva, che ha deciso di non indossare più il velo, insegna danza nella sua scuola e ha trasmesso questa passione alla figlia adolescente. Solat, invece, il marito di Zara, è un uomo d’affari legato al governo, e non vede di buon occhio questa situazione, che minaccia la sua carriera. Un giorno, Zara scompare. Tarlan sospetta che a ucciderla sia stato Solat, ma la polizia si rifiuta di indagare. Tarlan, così, si trova di fronte a un bivio: piegarsi alle pressioni e alle intimidazioni oppure mettere a rischio la propria vita e quella dei suoi cari per cercare giustizia da sola, come ha sempre fatto…

Per Jafar Panahi aveva lavorato, nel 2018, alla stesura della sceneggiatura di Tre volti. Ora, per il suo terzo lungometraggio dietro la macchina da presa, Nader Saeivar rinnova la collaborazione con il regista de Il cerchio, qui, infatti, co-sceneggiatore e montatore. Un binomio, il loro, ben sintonizzato sulle coordinate di un cinema di denuncia, specchio riflettente delle attuali, precarie condizioni della società iraniana, proteso alla ricerca di giustizia e impegnato nella rivendicazione dei tanti diritti soffocati da un regime repressivo. La testimone – Shahed (girato ‘sottotraccia’ a Teheran, in 45 giorni, ma montato e postprodotto all’estero) è un film tanto rigoroso e calibrato nel suo impianto estetico quanto incisivo, narrativamente, nel suo taglio civile e politico. La vicenda di Tarlan, la sua abnegazione nel ricercare ostinatamente la verità, dopo aver assistito ad un delitto in casa del rampante affarista Solat, veicola messaggi importanti: dignità, libertà e, appunto, verità sono parole che risuonano forti, fin dalle prime sequenze, la figura del nemico ‘interno’ (l’intermediario governativo asservito a logiche torbide) è restituita sullo schermo con la necessaria ambiguità morale, la rete di connivenze e insabbiamenti, menzogne e depistaggi che arriva ad avvolgere l’ex insegnante è altrettanto efficace nella sua plastica raffigurazione.

Anche ne La testimone, come in The seed of the sacred fig di Mohammad Rasoulof, Tatami di Zahra Amir Ebrahimi e Guy Nattiv e Reading Lolita in Tehran di Eran Riklis (solo per restare a tre titoli recenti), è l’universo femminile a lottare coraggiosamente contro dinieghi e abusi, sopraffazioni e violenze. E anche qui, come nei titoli citati, è dal rifiuto di indossare il velo che passa la prima, potente risposta delle donne alle autoritarie imposizioni maschili. Sono gli sguardi di Tarlan, prima ancora delle sue azioni, a rivelarne il carattere forte e tenace, nonostante i continui inciampi e le pressioni cui è sottoposta, dal figlio, finito in prigione per debiti, ma scarcerato grazie al denaro di Solat, al peso dei giudizi morali di una società reclinata su se stessa. Quei giudizi generati proprio da un ‘sistema’ proteso a suscitare, nei comportamenti individuali, inibizioni e sensi di colpa.

Regia: Nader Saeivar

Interpreti: Maryam Bobani, Nader Naderpour, Abbas Imani, Ghazal Shojaei, Hana Kamkar

Nazionalità: Iran, Germania, Austria

Durata: 100’

 

Guarda anche:

THE SEED OF A SACRED FIG

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.