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LE MANS ’66 – LA GRANDE SFIDA (James Mangold)
Alla ricerca della gara perfetta

USA, 1965. Costretto da una patologia cardiaca a smettere di guidare, il campione automobilistico Carroll Shelby decide di investire nella progettazione di nuovi veicoli da strada finché è ingaggiato da Mr Henry Ford Jr per mettere a punto l’auto da corsa più competitiva finora concepita con un solo obiettivo: battere le “imbattibili” Ferrari sul circuito più difficile, la 24 Ore di Le Mans nel 1966. Shelby accetta e sceglie un team di collaboratori con i migliori in circolazione fra cui il perfezionista britannico Ken Miles, ingegnere, meccanico, collaudatore ed egli stesso straordinario nonché umorale pilota. È sfida aperta, sia tra la Ferrari e la Ford Motor Company – che fino ad allora non era stata competitiva su pista – sia all’interno delle sfere dirigenziali di quest’ultima che ritiene l’accoppiata Shelby/Miles troppo sovversiva per il liberismo borghese della Ford family.

Race-biopic diretto da James Mangold ma soprattutto prodotto dall’action “guru” Michael Mann, Le Mans ’66 è un mosaico di contaminazioni che parte dalla cronaca del tempo per arrivare a sublimare le gesta eroiche se non “sovrumane” di semplici umani. Se lo spunto d’ambientazione negli anni Sessanta offre a Mangold (e al suo reparto scenografia/costumi/musica) di costruire un testo gradevolmente vintage, l’elemento rievocativo dei fatti necessita un’accuratezza tecnica imponente, che non raramente sfocia nell’attenzione maniacale al dettaglio automobilistico, metonimico di un universo molto chiuso e autoreferenziale, quasi specchio dei circuiti su cui si consumano le gare e le grandi sfide fra motori e personalità. Fortunatamente a sceneggiatori e al regista l’importanza di quest’ultima non sfugge, anzi, diviene il perno su cui modulare gli snodi del racconto. Le Mans ’66 è infatti sostanzialmente una sfida fra grandi personalità e – in ultima analisi – dell’unione di queste a superare i confini del tempo e dello spazio, non a caso dimensioni fisiche legale alla variabile “velocità”. Ma non solo. Della mitica gara francese del 1966, una gara percepita eroica, il film evidenzia le idiosincrasie del Sogno americano fordista, con la doppia valenza del termine. Mettendo in opposizione la Ferrari del rampante Enzo alla Ford, Le Mans ’66 spinge l’acceleratore di Shelby e Miles sul pedale del primeggiare come gesto di acquisizione di potere. Non solo la vittoria, ma la perfezione ad ogni curva, spezzare record su record fino a fondersi con la velocità della luce, l’elemento imponderabile che polverizza la materia in mito, l’umano in divinità. Christian Bale e Matt Damon, rispettivamente quel Ken Miles capace “sentire” la macchina da corsa, spingendola verso la gara assoluta e Carrol Shelby, sono perfetti e perfettamente intonati nella corsa verso una vittoria destinata a segnare la memoria del racing su pista.

LE MANS ’66 – LA GRANDE SFIDA
Regia: James Mangold
Con Matt Damon, Christian Bale, Jon Bernthal, Caitriona Balfe, Tracy Letts, Josh Lucas
USA 2019
Durata: 152′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.