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LIMONOV – A BALLAD
Una vita bigger than life

Limonov

La recensione di Limonov – A Ballad a cura di Anna Maria Pasetti.

Ci sono personaggi la cui vita è già un film. È questo il caso del controverso poeta, scrittore e soldato russo Eduard Limonov che fu tutto e il suo contrario, ma soprattutto contro tutto e tutti attraversando il passaggi epocali del secondo dopoguerra dalla Russia a New York, Parigi e la guerra balcanica, tracciando col proprio corpo e modus vivendi il percorso dell’eroe che voleva diventare. Dalla sua personalità complessa e contraddittoria fu ispirato Emmanuel Carrere che nel 2011 ne scrisse una magnifica biografia romanzata, il cui adattamento ha informato il decimo lungometraggio di Kiril Serebrennikov titolato Limonov – A ballad sceneggiato con Pavel Pawlikowski sotto la consulenza dello stesso scrittore francese.

Con un materiale ricchissimo da cui attingere e difficilmente sintetizzabile, il cineasta esule russo ha optato per l’approccio registico di una ballata dall’andamento pop, a tratti punk/rock, sorvolando la vita di Limonov in un andirivieni di scene ad effetto, puntellate da cartelli tematici e date graficamente inserite nelle scenografie. Protagonista assoluto è il britannico Ben Whishaw che, mettendo a frutto la sua somiglianza somatica con il vero Limonov, si adatta con versatilità alle esigenze del film purtroppo girato in inglese, ma, dovendo recitare nella sua lingua madre declinata su un forte accento slavo, non fa che rendere ancor più artificiale l’intero progetto.

I veri problemi del testo, tuttavia risiedono altrove, laddove nella necessaria elisione della biografia di Limonov sono state sottratte alcune parti fondamentali, specie quelle legate alla militanza politica, a favore di altre meno rilevanti per quanto più compiacenti alla risposta del pubblico. Ciò fa emergere un Limonov parziale, sostanzialmente un folle anarcoide che non scendeva a patti con nessuno se non con il proprio ego. Seppur Carrere abbia supervisionato l’adattamento, ciò non giustifica la distonia dell’opera di Serebrennikov con la fonte originale rispetto alla quale il film appare quale un’occasione mancata.

 

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.