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MONROVIA, INDIANA (Frederick Wiseman)

Monrovia è una cittadina di 1400 abitanti nell’America più profonda. Come sempre Frederick Wiseman la osserva con neutralità apparente. Un matrimonio, un funerale, i maiali che vanno al macello, le macchine agricole messe all’asta, una parata di auto d’epoca. Le immagini sono pulite, bellissime. Ma sottotraccia sono molti i temi che emergono.

Al centro del film infatti c’è l’ipotesi di ampliamento di un paese che ha una crescita demografica vicina allo zero. Se ne discute a lungo nelle sedute del consiglio comunale che vengono riprese più volte. E sempre c’è un motivo di diffidenza: o per l’assenza delle infrastrutture, o per le concessioni, o per il quieto vivere. Eppure c’è la sensazione di un paese che voglia restare chiuso in se stesso, pago dei suoi pericolosi passatempi. Ovvero le armi innanzitutto: amate, comprate, studiate, possedute con incomprensibile orgoglio, sempre più forti, sempre più pericolose. Poi le sedute banalmente enfatiche di una sedicente loggia massonica. Sembra un mondo bloccato in un tempo che a noi europei sembra lontanissimo e stranissimo.

Sono quasi tutti anziani gli uomini (molti) e le donne (poche) che vediamo. Parlano per lo più delle malattie che colpiscono loro o vari conoscenti, come capita spesso nei piccoli paesini. Nel finale un lungo funerale è celebrato con una paradossale spettacolarizzazione. Così l’apparente (e sapiente) neutralità di Wiseman restituisce la sensazione di un mondo piccolo, chiuso, senza futuro e prospettiva, disposto a morire pur di restare identico a se stesso: violento, razzista, bigotto, agonizzante. E sempre sull’orlo di esplodere, a meno che l’esplosione non è già avvenuta. È questa, del resto, l’America di Trump, vivida e già morta nel volto del negoziante d’armi orgoglioso della sua enorme, efficientissima e inutile pistola nuova di zecca.

 

MONROVIA, INDIANA
Regia di Frederick Wiseman
USA, 2018
Durata 223 minuti.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani