Il cinema dopo il Covid19? Influiranno strategie planetarie di macro sistema su cui posso dire ben poco. Stiamo già vedendo, se lo vogliamo, alcune primissime visioni a 16 euro dal nostro divano. Bisognerà attendere i trend di acquisto, ad esempio in Italia, di queste anteprime digitali per capirne il futuro anche localmente di questi nuovi comportamenti di visione. Posso spendere due parole piuttosto su cosa potrebbero essere le sale della comunità, cinema più particolari di altri, dopo questo tempo di chiusura imposta tra i primissimi esercizi e così sarà altrettanto per la riapertura tra gli ultimissimi. Avremo una crisi economica più spiccata di altri settori? Sicuramente ma, c’è un motivo infatti per non piangersi addosso e basta, avremo anche più tempo per sperimentare, riflettere, solidificare tutte le nuove forme di presenza-identità che stiamo realizzando come sala della comunità. Non parlo o non solo delle “sale virtuali” connesse alla propria sala messe in pratica da qualche cinema particolarmente indipendente (non così nuove essendo già state sperimentate da anni da grandi Festival di cinema ad esempio). Tutto lodevole eh, ma personalmente sono piuttosto molto attratta dal futurismo che percepisco nel ruolo assunto al volo da moltissime sale della comunità durante il Covid19. Sottolineo questa prestanza nel farlo perché significa che erano pronte per il parto, che questi anni di resilienza sono stati una gestazione proficua per tanti professionisti e volontari per pensarsi come vere e proprie agenzie culturali a 360 gradi, “hub” – termine molto in voga – di linguaggi e maestranze. Serviva, come sempre, l’inaugurazione ufficiale di questa stratificata competenza e l’emergenza ha dato il via libera. Ne ho osservate tantissime giorno per giorno nei loro siti, nei propri social: così centinaia di sale della comunità si sono spese nel guidare i loro spettatori – persone con un preciso volto, una poltrona, dei gusti e perfino dei tic abituali – nell’oceano dei contenuti filmici, seriali, televisivi, teatrali, documentaristici, musicali, lirici, museali e vattelappesca. Di fronte a questo oceano di contenuti così diversificati, la polivalenza della sala che significa anche polivalenza di volontari e professionisti, è emersa in tutta la sua ricchezza. Maestosa! Difficile essere esperti di tutto, ma stavolta ci siamo andati molto vicino e abbiamo capito che possiamo essere anche più di quello che immaginavamo. La nostra identità è cresciuta, invece, che scomparire nella chiusura. Possiamo, allora, spingerci autorevolmente (e soprattutto nella piena confidenza e complicità di chi si conosce) dentro le loro case, abitare anche il tempo domestico con la stessa freschezza e profondità che ci contraddistingue in sala? Possiamo immaginare e progettare così nuovi “servizi” che significano nuove comprensioni, nuovi stimoli spirituali, nuove domande di vita, nuovi talenti, nuove economie? Abbiamo il tempo per farlo perché la nostra riapertura non è ancora scritta. Non sprechiamo questo tempo e lanciamo il cuore oltre l’ostacolo perché questi nostri amanti della cultura e dello spettacolo non si sono fermati nemmeno con la serranda giù delle loro sale e delle loro chiese. A loro stavolta va davvero un applauso!
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