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THREE KILOMETRES TO THE END OF THE WORLD
La verità e il suo occultamento

Three kilometres to the end of the world

Un piccolo villaggio sul delta del Danubio, in Romania, una coppia di pescatori con un figlio diciassettenne aggredito e pestato a sangue, una sera d’estate, mentre era in compagnia di un altro ragazzo. Sono queste l’ambientazione e la scintilla narrativa del terzo lungometraggio di Emanuel Parvu, che esplora le sottili linee di confine che separano la verità dal suo occultamento e, sulla scia di altri, precedenti e apprezzati titoli rumeni, mette in luce le inadeguatezze, le zone d’ombra e le connivenze che pesano sul cammino di protagonisti in netta rottura con gli schemi del passato. Il focus di Three kilometres to the end of the world, in effetti, non è tanto la scoperta di come siano andate realmente le vicende, chi cioè abbia duramente picchiato il giovane, ma, per così dire, la ‘gestione’ di quella verità da parte di chi è deputato, oltre che ad accertare i fatti, ad attribuirne le responsabilità, legali e morali: i genitori dell’adolescente, in primis, ma anche (e soprattutto) le istituzioni, il funzionario di polizia del luogo, un’assistente sociale, allertata dalla richiesta telefonica d’aiuto, il sacerdote della chiesa locale.

È su di loro che il film di Parvu sposta fin da subito l’attenzione, facendo emergere da un lato una desolante burocratizzazione dei sentimenti nelle relazioni famigliari e, dall’altro, una precisa volontà di insabbiamento dell’inchiesta giudiziaria. Con la sensazione, costante, di una fitta rete di spionaggio e complicità a sorvegliare, scansionare e indirizzare ogni azione e reazione dei personaggi, il lascito soffocante di cinquant’anni di comunismo nel Paese di Ceausescu. Ad affiorare, dunque, è il tentativo di cancellazione di ogni difformità rispetto ad uno status quo in cui ciascuna delle parti coinvolte intende mantenere le proprie convenienze. Non certo una novità, come detto, nel panorama cinematografico rumeno, ribadita però da dialoghi incisivi, spruzzati talvolta di ironia caustica, e, sul versante estetico, da una regia ben calibrata nella composizione delle inquadrature.

 

 

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).