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UNA GRANDE CINECITTA’
Il racconto di Laura Mandolini dell'Acec Marche

Un’unica, grande Cinecittà. Concluse le riprese in attesa di altri soggetti, altre storie, altri finali. Non c’è più nessuno. Solo l’immobile sfondo di esistenze svaporate nel silenzio. Attori protagonisti, spalle, comparse; scrittori, tecnici, attrezzisti, montatori, compositori e fotografi. Spariti nel nulla, risucchiati dietro quinte che alienano giorni, umori, sogni, fatiche e quotidiane solidarietà di sopravvivenza. La grande sceneggiatura collettiva cede al passo a piccole storie nascoste. Ognuno la sua, in un copione imposto, imprevedibile o sempre uguale a se stesso, urlato o sussurrato, condiviso o subito. Palazzi, condomini, negozi, distributori di benzina, edicole. La stazione ferroviaria, il castello monumentale, la piazza con la grande fontana al centro, la cattedrale, il portico, il ponte, l’ampio mercato, il molo, le barche ormeggiate, la spiaggia. Le piccole casette dai muri scrostati. Bacheche ingiallite di proiezioni mai viste, attori su locandine che scrutano la via, non arriverà nessuno.
Una lunga passerella inanimata, l’infinita pellicola di un film muto che evoca i giorni di prima. Chi vendeva e comprava, chi parlava ed ascoltava, chi camminava e chi si fermava. Preghiera e imprecazione, musica e rumore, incontri e nascondimenti, fughe e ritorni. L’albero incerto, nel cortile nascosto, scuote un po’ di linfa quando una folata scompiglia la sua chioma. Solo il vento parla, alita nostalgie della grande scrittura condivisa. Tutti dietro le quinte, per tanti giorni ancora. Chi è andato e chi resta, chi sogna e chi piange; fotogrammi di promesse che forse non si avvereranno mai, accenni di dialoghi rimasti in bocca per troppo tempo. Nella piccola collina che sovrasta la città, il grande edificio grigio rimane sempre acceso: non smette di risucchiare sirene, volti straniti dalla fatica, maschere che si aggrappano al flebile respiro. Un cinema dalle repliche infinite, titoli di coda. Fine. Fine di troppe vite, fine di agonie per ricominciare. Fine di turni infiniti. E fuori tutto tace, ancora.

 

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