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#UNFIT – LA PSICOLOGIA DI DONALD TRUMP (Dan Partland)
Un presidente patologicamente criminale

Una serie di scienziati e uomini di cultura dimostrano che l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America è inadeguato al ruolo che riveste. E questo perché affetto da gravi nevrosi – ai limiti della psicosi – che lo rendono mentalmente inaffidabile.

Non è sufficiente detestare Donald Trump per evidenziarne i comportamenti deplorevoli se non – soprattutto negli ultimi mesi – del tutto criminali. Serve la scienza maiuscola per ufficializzarne l’inadeguatezza al ruolo che ricopre, uno dei più potenti se non il più potente al mondo. Con queste premesse è nato #Unfit – The Psychology of Donald J. Trump (in italiano titolato con La psicologia di Donald Trump) di Dan Partland oggi nelle sale alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali americane.
Un’opera raggelante quanto illuminante quella del filmmaker e produttore statunitense da sempre impegnato a svelare le aberrazioni del proprio sistema-Paese, che assume particolare rilevanza alla luce dell’escalation in negativo della gestione Trump dell’emergenza Covid-19 in USA seguita dalle proteste antirazziste causate dall’omicidio Floyd per mano di un poliziotto. Ma, va detto, il film è stato pensato, girato e proposto nel mondo “prima” che questo accadesse, divenendo documento quasi profetico del pericolo che la “persona Trump” rappresenta in qualità di Presidente degli Stati Uniti. In breve, il magnate newyorkese è qualificato come “unfit” cioè inadatto, e questo per una miriade di gravi nevrosi – ai limiti della psicosi – che gli sono diagnosticate da emeriti esperti, tra psichiatri, psicologi di varie discipline, sociologi, storici, politologi ma anche – e persino – da figure istituzionali dell’esercito nonché membri del partito Repubblicano ed ex consiglieri dell’attuale Presidente, specie alcuni che hanno collaborato alla sua campagna elettorale.
Insomma, gente che conosce la “materia umana” e per questo ravvisa il rischio drammatico in cui corrono l’America e il mondo intero. “Noi abbiamo il dovere di avvertire e proteggere la società da quest’uomo” dichiarano in staffetta gli intervistati di Partland, preoccupati che un tale “mostro” un giorno qualunque possa svegliarsi e, senza un particolare motivo, premere il fatidico bottone delle armi nucleari americane di cui è l’unico a conoscere i codici. Certamente quello sarebbe il momento estremo che nessuno si augura, ma il profilo di The Donald non lo fa escludere, anzi.
Trump, infatti, ne esce come peggio non potrebbe: sostanzialmente un “maligno narcisista”, è “un bugiardo patologico”, ma anche un sadico, sociopatico, sessista, razzista, misogino, intollerante verso le diversità, incapace di provare una qualunque forma di empatia ed anzi, provocatore che gode nell’umiliare chiunque si dichiari contrario alle sue idee. Egli, asserisce il professor Sheldon Solomon “si è attribuito la licenza di odiare”, un’attitudine non distante da quelle espresse da noti dittatori della Storia. Figure che erano altrettanto “unfit” a governare ma che la sapiente propaganda sulle masse in delicati snodi storici ha concesso loro le chiavi del potere assoluto. Il documentario non a caso passa in rassegna passato (Hitler, Mussolini fra gli altri) e presente (Bolsonaro, Erdogan, Putin fra gli altri) al fine di evidenziare similitudini con l’attuale inquilino della Casa Bianca, enucleando gli elementi comuni di un profilo psico-patologico incline a un uso delirante del potere. Film puntuale nel suo porsi in piena campagna elettorale, inquietante e di certo da non perdere.

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.