Simone Agnetti recensisce Uno di quei giorni quando Hemme muore Premio Speciale della Giuria Orizzonti 2024.
Lo sconforto di una delusione, il fallimento di un rifiuto, la reazione ad una lieve ingiustizia, la rabbia e la disperazione a contatto con l’umanità del quotidiano: il regista turco Murat Fıratoğlu, attraverso il vagare di un personaggio smarrito, dai sentimenti convulsi, mostra quanto la forza della realtà più umile possa, involontariamente, addolcire e redime l’anima. Hemme’nin öldüğü günlerden biri (Uno di quei giorni quando Hemme muore) riceve il Premio Speciale della Giuria Orizzonti 2024 dalla presidente Debra Granik.
La leggerezza delle piccole cose – un’anguria, un ricordo d’infanzia, le chiacchiere tra conoscenti – infrangono il groviglio interiore, creando interstizi di distrazione con cui bilanciare e ridimensionare le storture dell’anima. Il regista rappresenta quel mondo lontano con inquadrature che dilatano lo spazio e il tempo, attraverso le dinamiche umane di una giornata gravata da molte tensioni.
Eyüp, uomo istruito, in bancarotta, lascia la popolosa Smirne e torna a Siverek, un piccolo e assolato paese agricolo del sud della Turchia dove, grazie all’amico Ali, inizia a lavorare facendo essiccare i pomodori. Eyüp è indebitato, affaticato da quel lavoro pesante e frustrato per il continuo ritardo nella paga. Hemme, il capo squadra, ha varie preoccupazioni e lo maltratta. Dopo un diverbio, lui lascia il campo agricolo, andando incontro ad una giornata di rabbia e all’istinto di uccidere quell’uomo. Con l’arrivo della sera il suo desiderio di vendetta diminuisce, distratto dagli abitanti del paese. La normalità della vita in quel villaggio e il clima caldo mitigano la violenza e forgiano un uomo nuovo. Questo processo si palesa attraverso l’esplosione dei sentimenti e la loro implosione lenta di fronte al passare del tempo e alla lontananza dall’oggetto che ne aveva creato la dura reazione, in questo caso, Hemme, il caporale dell’azienda agricola.
Questo film rispecchia, a livello pedagogico, testi molto noti per l’infanzia, come Che rabbia! Di Mireille d’Allancé e I colori delle emozioni di Anna Llenas, senza scomodare storie più complesse come quella di Inside Out (Pete Docter e Ronnie del Carmen, 2015). Racconti metaforici giocati sull’unità temporale o sull’assenza di cronologia, sulla semplicità degli accadimenti e sulla trasformazione, tramite la presa di coscienza, dell’atteggiamento dei protagonisti verso il mondo esteriore.