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AÏCHA, la recensione: grande ritorno di Mehdi Barsaoui dopo UN FIGLIO
Morire per fuggire nella Tunisia odierna

Aicha

Mehdi Barsaoui è un regista che della sua Tunisia sa raccontare in modo profondo atmosfere, speranze, delusioni e desideri; già premiato (Migliore Attore) nella sezione Orizzonti a Venezia 2019 per il film Un figlio torna in concorso in Orizzonti con Aïcha. La Tunisia raccontata da Barsaoui è una nazione a maggioranza musulmana che in tempi recenti ha assaporato la democrazia e la libertà degli individui, per poi ritrovarsi una una stretta politica presidenzialistica e percorsa da gruppi armati e tratte di esseri umani. La vicinanza all’Europa e il suo passato colonialista francese ne hanno tracciato un solco culturale diviso tra i dettami dell’islam e le mode occidentali.

ISPIRATO A STORIE VERE

Ispirato da un fatto di cronaca avvenuto dopo la rivoluzione del 2011, Aïcha esplicita le contraddizioni della nuova società tunisina, libera dal giogo del dittatore Ben Ali ma ancora immersa in un clima d’oppressione e corruzione. In questo mondo vive la trentenne Aya, costretta dalle condizioni economiche a vivere da adulta con i genitori in una cittadina del sud, lavoratrice in un hotel della zona, non riesce a vedere cambiamenti all’orizzonte, unica variante è la riduzione del personale alberghiero a causa della crisi economica e del venire meno del turismo locale.

Un giorno, il minivan che quotidianamente la porta da casa all’hotel ha un incidente, di cui lei è l’unica sopravvissuta. Vedendovi l’occasione per cambiare vita, come nel Fu Mattia Pascal di Pirandello, finge di essere morta e fugge nella Capitale con una nuova identità e molti soldi sottratti al lavoro. La sua nuova vita sembra perfetta, finalmente può raggiungere l’emancipazione tanto desiderata. Aya è un nome di donna, come anche Amira e, infine, Aïcha: la protagonista veste il nome che le serve al momento, libera dal pesante passato.

UNA, NESSUNA, CENTO AÏCHA

La falsa identità è difficili da gestire, il gioco finisce quando si ritrova a essere la principale testimone di un omicidio commesso dalla polizia, un atto violento che le impone di dire la verità. La denuncia del modo di lavorare della polizia e della sua corruzione ha un intento esplicitamente politico per il Barsaoui, come se questi fossero la naturale espressione dell’ingiustizia generale che governa il paese.

Dice il regista: “Aïcha si addentra nelle vite dei giovani tunisini, i cui sogni vengono troppo spesso negati. È anche un film sui nuovi inizi e le seconde possibilità e sulle molteplici pressioni sulla società tunisina, in particolare sulle donne. Il film ritrae la ricerca della libertà e il desiderio di vivere la vita in pieno, un paradosso in cui la vera libertà per la protagonista può essere raggiunta solo attraverso la morte.”

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Sull'autore

Simone Agnetti

Simone E. Agnetti, Brescia 1979, è Laureato con una tesi sul Cinema di Famiglia all’Università Cattolica di Brescia, è animatore culturale e organizzatore di eventi, collabora con ANCCI e ACEC, promuove iniziative artistiche, storiche, culturali e cinematografiche.