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È una storia di finzione ispirata a fatti reali l’ottavo lungometraggio del franco-tedesco Dominik Moll, che ancora una volta ricorre all’intelaiatura del noir per affondare lo sguardo nella Dark Side della società contemporanea. Come già nel precedente e apprezzato , anche Dossier 137 assume la cornice del polar e l’andamento del thriller e ha come protagonista un’investigatrice dell’IGPN, l’organismo disciplinare della polizia francese, alle prese con un caso che coinvolge cinque poliziotti protagonisti di abusi di potere durante le proteste dei gilet gialli avvenuti a Parigi nel 2018. Un caso tanto spinoso quanto appassionante che riporta l’investigatrice al proprio passato, facendola contemporaneamente scontrare contro le sue stesse radici e contro l’omertà che si annida nel sistema giuridico francese. Servito da uno script millimetrico – firmato dallo stesso Moll insieme a Gilles Marchand, giunti così alla loro sesta collaborazione-, interpretato magistralmente da Lea Drucker, capace di restituire tutta l’empatia verso la verità del proprio personaggio così come il dissidio tra osservanza alla verità e renitenza alle devianze burocratiche che tentano di occultarla, e diretto con nitidezza e rigore da Moll, che assemblea felicemente gli eterogenei materiali della vicenda, il merito maggiore del film sta probabilmente nel riuscire a elevarsi dal “modello-ACAB”, ovvero dal pattern di genere, per farsi riflessione più ampia che investe il ruolo dell’immagine e le sue discordanti interpretazioni nella società contemporanea. Così da ritrarla nella lobotomizzazione di cui è oggetto: sia che essa venga compiuta attraverso l’arrogante violenza di chi dovrebbe invece garantirne l’ordine, sia che venga realizzata attraverso il sistematico depotenziamento dei meccanismi di controllo, capaci di rendere i più ostinati ricercatori della verità dei mansueti e spensierati consumer di videoreel di gattini che giocano.
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