Primo piano MINDSCAPES - i paesaggi dell'anima Approfondimenti

CAMMINARE NEL PASSATO, SENTIRSI SOLI TRA LA GENTE
Past Lives di Celine Song

Past Lives mindscape

C’è una strada nella scena più importante di Past Lives che è un delizioso luogo dell’anima. È dove Nora ed Hae Sung, da bambini, si sono salutati per l’ultima volta prima della partenza di lei, con tutta la famiglia, per l’America. Celine Song inquadra il bivio delle due vite in maniera letterale. La bambina sale le scale a destra dell’inquadratura, l’amico verso cui prova un’infatuazione preadolescente, prosegue a sinistra in piano. L’immagine non è nuova. Il cinema abbonda di “sliding door” simili. Ciò che la rende potente è il fatto di contenere un’anticipazione di quello he sarà: la strada di Nora per integrarsi in un nuovo paese e costruire la sua nuova identità americana sarà una difficile salita. Per il compagno che rimane in Corea del Sud invece, la vita continuerà con una “piatta” routine. 

Facciamo un salto in avanti di una ventina d’anni. I due si ritrovano a New York ormai adulti. Le rispettive esistenze hanno preso binari paralleli che hanno provato più volte a incrociarsi senza esito. Lei è sposata con Arthur, lui vive una relazione turbolenta. Quello tra i due è un secondo avvicinamento. Il primo è stato merito di internet e dei social network. Con la loro capacità di abbattere i confini hanno permesso di ricostruire radici con la madre patria. La ragazza però, in una fase cruciale della sua crescita, si è resa conto che quell’incertezza emotiva – l’essere americana, ma legare ancora i sentimenti più forti alla Corea del Sud – andava a sgretolare la personalità che si stava costruendo. Chiede una pausa all’amico dalle molte telefonate via Skype. Ha scelto di non vivere nella nostalgia. Ora ha di fronte a sé quell’uomo simbolo di una vita che avrebbe potuto sperimentare. Lui è il suo passato alternativo. Il suo multiverso.

Past Lives

La nostalgia di qualcosa che non è mai accaduto

Past Lives ha il suo cuore cinematografico nelle lunghe passeggiate dei due sullo sfondo degli imponenti grattaceli di Manhattan. La metropoli, densamente popolata, sembra vuota nel film. Come se, isolati nelle inquadrature, i personaggi avessero un disperato bisogno di contatto umano proprio nella città considerata la massima espressione di ogni sfumatura della civiltà e del progresso. È quello che accade nella toccante scena finale. La storia d’amore ipotetico si confronta con l’accettazione serena della bellezza di un rapporto d’amore, quello tra Nora e suo marito, squisitamente ordinario. Nessuna storia “da film” caratterizza l’affetto di queste due persone e nessun melodramma può intromettersi nel loro rapporto.

Il terzo incomodo, Hae Sung in questo caso, non ha la funzione di minare i sentimenti che intercorrono tra i due, anzi, li rafforza! In quel cammino finale, in cui Nora accompagna l’amico al taxi c’è, nel movimento di macchina da destra verso sinistra, un ritorno al momento del passato in cui si sono separati. Poi, con il carrello al contrario, Nora ritorna verso il suo presente. È un cammino pieno di emozioni umane, comprensibili e spontanee. Non vengono giudicate dal marito, bensì accolte, quasi con gratitudine. Perché attraverso l’incontro con quell’uomo che ha fatto parte di una vita passata (o ipotetica) di sua moglie, anche lui ha avuto accesso a una parte fino ad ora sconosciuta di lei: tutto ciò che ci si lascia dietro e che contribuisce a renderci quello che siamo oggi.

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Sull'autore

Gabriele Lingiardi