Primo piano

UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA
SdC tra riaperture e sguardo al futuro

La crisi del consumo del cinema in sala è sotto i nostri occhi. Dopo più di due anni nei quali abbiamo attraversato uno dei periodi più complicati della storia recente, il mondo del cinema è alle prese con una ripartenza che rischia di scontrarsi con una mole di problemi sistemici difficili da dipanare. Le sale nella loro lunga storia hanno dovuto affrontare sfide – come l’avvento della televisione, l’incendio del Cinema Statuto di Torino, la costruzione dei multiplex e recentemente la digitalizzazione delle stesse sale – che hanno poco in comune con il momento attuale. Ora è alle corde l’ecosistema cinema. Il perimetro del mercato theatrical, indebolito anche dall’avvento delle piattaforme che hanno stravolto le abitudini degli spettatori, ha necessità di essere salvaguardato con azioni innovative e con l’apporto di tutti gli attori in campo, comprese le stesse sale cinematografiche. È su questo versante che le Sale della comunità stanno mostrando un inatteso e alquanto insospettato dinamismo, che si configura nella (ri)apertura di SdC avvenuta sia durante che dopo la fase pandemica. Il denominatore comune di tali aperture è caratterizzato da nuovi modelli di gestione, in cui le parrocchie e le stesse diocesi si affidano a forme di cooperazione comunitarie dove le persone si uniscono allo scopo di soddisfare i loro bisogni culturali, economici e sociali.

Significativa è allora la riapertura del Cinema Astra, sala storica di Como, la cui gestione è stata affidata dalla parrocchia alla “Astra 21 Società Cooperativa Impresa Sociale”, nata a sua volta grazie all’iniziativa dell’associazione “Amici dell’Astra”. «È il termine di un lungo cammino – ha spiegato il parroco di San Bartolomeo, don Gianluigi Bollini –  che ha coinvolto moltissimi soggetti. Un cammino comunitario in cui ci siamo sentiti sostenuti e sorretti da tante realtà: la Diocesi di Como, la parrocchia, le istituzioni, la cittadinanza tutta che ha mostrato la propria dedizione all’Astra con la generosità della campagna di raccolta fondi (…). Questo cinema sta dunque in piedi perché tanti l’hanno voluto e desiderato. Ed è proprio questo il valore aggiunto e la sfida per il futuro: continuare a collaborare insieme per dare un futuro al Cinema Astra». La volontà comune di tutti è quella di proporre una gestione partecipata della sala, aperta alla cittadinanza, di qualità, per offrire eventi e momenti conviviali che sappiano spaziare in un ampio orizzonte, dal cinema alle conferenze, dai monologhi teatrali alle attività con le scuole.

Inaspettata è, poi, la riapertura della Multisala Corso di Treviso da parte del Cinema Busan della parrocchia di Mogliano Veneto. “L’accordo prevede una gestione di sei mesi, il tempo perfetto per proporre una prima completa programmazione della stagione invernale e primaverile – ha spiegato don Elio Girotto –. Se al termine di questo semestre, come ci attendiamo, la risposta del pubblico sarà positiva, aggiorneremo anche l’accordo. A Mogliano ci occupiamo già del Cinema Busan, che è diventato un punto di riferimento per tutta la cittadinanza (…). Come gestori di una sala da molti anni, conosciamo bene i rincari energetici e le difficoltà del settore, ma riteniamo doveroso salvaguardare i presidi di cultura, veicoli formidabili di socialità, rispetto reciproco, conoscenza.” Vale forse la pena sottolineare come, secondo la normativa vigente (art.27 L.220/16), la gestione del Cinema Corso da parte della Parrocchia di Mogliano configura la stessa Multisala di Treviso come una vera e propria “Sala della comunità” in quanto la Parrocchia “è titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile”, diversamente da quanto accaduto in altre sale ACEC, che hanno sofferto in tempi non più recenti di un fenomeno singolare, le cosiddette “gestioni laiche”, dove degli imprenditori prendevano in affitto il cinema della parrocchia: la sala rimaneva sì in vita, ma a fronte di una manifesta incapacità di gestione da parte delle parrocchie.

Un’altra riapertura riguarda il Cine-Teatro Agorà di Ospitaletto (Brescia): è il risultato dell’accordo tra il Comune e la Parrocchia – guidata dall’ex Presidente ACEC, don Adriano Bianchi. Accordo che prevede un contributo di 82mila euro stanziato dal municipio per l’acquisto del proiettore digitale e l’adeguamento della sala. La parrocchia di San Giacomo, a sua volta, metterà la sala a disposizione per attività istituzionali, aggregative, teatrali, culturali e cinematografiche organizzate dal Comune e dalle associazioni del posto. Questo accordo rafforza l’identità di tutto il territorio e diventa collante attraverso l’impegno, la testimonianza e i valori di generazioni di persone che con il Cine-Teatro di Ospitaletto si riconoscono, come testimoniato dalle parole dell’amministrazione comunale nella cerimonia di inaugurazione: “tutti gli ospitalettesi hanno ancora vivo il ricordo della sala cinematografica parrocchiale che per decenni ha arricchito, fino ai primi anni Duemila, la proposta culturale cinematografica della nostra comunità, in grado di attirare anche numerosi spettatori dai comuni limitrofi”.

Non mi soffermo su altre aperture avvenute in questi mesi come quella del Cinema Duomo di Rovigo, del Cinema Masetti di Fano, del Nuovo Aquilone di Lecco e del Cinema Piccolo di Bari Santo Spirito. Tutte realtà che vedono un rapporto vivace e strettissimo con i loro territori di appartenenza. E proprio il territorio diventa così una realtà vivente, plurale e complessa, che si trasforma in continuazione e va interpretata. Custodisce le manifestazioni della vita ed è segnato da deficienze e imperfezioni che generano anche conflittualità. Il territorio non è una cosa. Non è neanche solo l’ambiente in cui si vive, ma è il contesto vitale che regola e plasma le esistenze delle comunità. Dai racconti di sale che riaprono si determina la considerazione che individua il territorio come elemento primordiale in cui le sale innestano le loro attività e da dove nasce la consapevolezza di essere non semplici strutture dedicate all’intrattenimento, ma luoghi deputati alla rigenerazione urbana e sociale. Ciò è dimostrato chiaramente anche dalla Ricerca, promossa dall’ACEC e commissionata al Prof. Filippo Celata dell’Università La Sapienza, che ha analizzato le performance effettive delle Sale della comunità in termini di “domanda attivata” sulla base delle caratteristiche dei contesti territoriali in cui agiscono e le modalità con cui – a seconda della loro localizzazione – si relazionano con le altre sale cinematografiche e con altri agenti economici e culturali. Il rapporto, poi, tra la cultura, nella sua accezione più ampia, e il territorio rappresenta sempre di più il binomio grazie al quale nasce la consapevolezza sulla quale fare leva per definire una nuova visione identitaria di Sala della comunità, che vede ampliare le proprie attività in chiave sociale, culturale e pastorale.

L’impegno che le SdC hanno messo in campo dovrà essere supportato in prima istanza dalle Associazioni che le rappresentano e in particolare da ACEC in modo tale da garantire agli operatori percorsi formativi professionalizzanti, che offrano competenze gestionali e strategiche. Altro fattore qualificante e determinante per la stessa sopravvivenza non solo delle Sale della comunità ma dell’intero comparto della “filiera cinematografica”, così come si è configurata in questi anni, sarà favorire una digitalizzazione che non si accontenti di aver digitalizzato la proiezione dei film in sala, ma punti a digitalizzare tutti i processi economici.

Il processo di digitalizzazione, infatti, mette in discussione i vecchi modelli economici e operativi. È necessario puntare a un cambiamento non solo tecnologico, ma anche culturale e sociale, finalizzato alla creazione di nuove dinamiche, che includano tutti gli operatori e tutte le tipologie di sala cinematografica. Tutti gli operatori del settore sono consapevoli della necessità di evolvere e sfruttare la digitalizzazione dei processi per raggiungere nuovi livelli di efficienza e di competitività. La vera difficoltà non sta tanto nell’introdurre tecnologie nuove e di avere un approccio complessivo ed esaustivo al digitale, ma risiede nella gestione del cambiamento.

Idee nuove, un nuovo corso, perché con la testa rivolta all’indietro è difficile avere una visione del futuro.

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Sull'autore

Francesco Giraldo

Segretario Generale Acec