Letture News Approfondimenti Vita associativa

IL FILM GIUSTO PUO’ SALVARE DA QUALSIASI COSA
...e tornare bambini aprire alla gioia

Nella newsletter di un editore ho letto una frase di Daniel Pennac che – dopo un rapido giro sul web – ho scoperto essere diventata uno slogan molto amato e diffuso: “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”. Ovviamente ho pensato subito, anche per esperienza personale, quanto la massima possa estendersi ai film, convinto – una volta di più – che l’amore per il cinema debba essere propedeutico all’amore per la vita.

Collezionare qualunque film è una dichiarazione d’amore per l’arte ma scegliere il film giusto, selezionandolo tra mille, è sempre un atto di amore verso noi stessi. Della frase di Pennac, però, mi ha colpito soprattutto il verbo “salvare”, usato ormai nel nostro secolo più nella sua accezione informatica (e quindi quasi come sinonimo di “accumulare” o “accantonare”) che nel suo significato originario e inattuale, che concerne una necessità stringente, il bisogno vitale di un punto fermo, un centro di gravità, che rallenti e arresti il nostro precipitare.

Mi sento di dire allora che non c’è film da vedere in questo periodo che non sia da vedere in qualunque altro periodo, perché non c’è epoca storica in cui non si abbia bisogno di essere salvati, innanzitutto da noi stessi. “Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità oggi” – scriveva Pierre Teilhard de Chardin nel Fenomeno umano – “non è una catastrofe che venga dal di fuori, una catastrofe stellare, non è né la fame né la peste. È invece quella malattia spirituale, la più terribile perché il più direttamente umano tra i flagelli, che è la perdita del gusto di vivere”.

Tra i film da guardare e riguardare in questi giorni, allora, ne scelgo due, che sul gusto di vivere costruiscono il loro racconto: uno per grandi, Il pranzo di Babette, commovente apologo culinario in dialogo con gli episodi delle nozze di Cana e dell’ultima cena, e uno per piccoli (ma in realtà per tutti), Ratatouille, capace di dirci che il vero amore per l’arte è innanzitutto quello per l’umano che essa dischiude. Mi sembra, a questo proposito, che entrambi i film suggeriscano implicitamente l’evangelico “ritornare bambini” (pensiamo soprattutto alla parabola del critico Anton Ego nel film Pixar) come via d’accesso a una gioia vera e profonda.

Vai agli altri contributi raccolti in

Scrivi un commento...

Sull'autore

Raffaele Chiarulli

Guido un workshop di critica cinematografica presso l'Università Cattolica di Milano e insegno cinema dalle scuole materne alle università della terza età.